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Oggi scriviamo molto, troppo. E di conseguenza siamo chiamati a leggere molto. Il tutto in digitale, dove la nostra capacità cognitiva viene depressa.

Il cervello invoca semplicità, per sua natura.

Quindi, quando scriviamo, se vogliamo che il lettore digitale ci legga, dobbiamo essere semplici, concisi e selettivi.

Tullio De Mauro¹, forse il più celebre linguista italiano, nel suo libro Guida all’uso delle parole² ricorda che “se vogliamo fare il mestiere più difficile, il mestiere di essere umani e persone civili, possiamo e dobbiamo trovare, fra le parole della lingua, quelle che fanno viaggiare meglio i sensi che vogliamo esprimere”.

1. Semplicità

Essere semplici senza essere banali, superficiali, riduttivi, è un’arte.

È tuttavia l’unico modo per riuscire ad arrivare a tutti, anche ai lettori più sofisticati. Nessuno vi ringrazierà mai abbastanza per essere stati semplici.

Un vecchio adagio tedesco, ricordato da De Mauro, recita che “in fatto di lingua, Kant³ cammina insieme alla vecchia contadina della Pomerania”.

La lingua non è a compartimenti stagni. Il tecnicismo è un concetto relativo, va speso solo con chi lo comprende perché condivide il nostro know-how, il nostro sapere. Altrimenti va spiegato. Quindi se due medici parlano tra loro e usano il termine “epatico” nessun problema, ma se parlano con un paziente devono subito chiarirne il significato e contestualizzarlo.

Attenzione però a quella che Calvino⁴ chiamava l’antilingua, quella che usa “effettuare” al posto di “fare”.

La più parte delle idee si può esprimere con la lingua comune, resa civile dal corretto uso della grammatica e della sintassi. Il peggio accade quando la lingua scende sotto il livello comune e rinuncia a qualsivoglia regola grammaticale o sintattica: allora non si tratta di semplicità, ma di puro svilimento.

2. Sintesi

Una regola irrinunciabile è la sintesi, che va contestualizzata.

Se voglio scrivere un libro e narrare, potrò scegliere il mio canone espressivo, ma se devo scrivere una email a un fornitore, una lettera formale o un curriculum e sperare che qualcuno mi legga, la sintesi è doverosa.

Scrivere bene in azienda è essenziale, si traduce in efficienza.

Non c’è limite alla sintesi”, ammonisce De Mauro.

Chi sa molto vuol dire molto e non si accorge, prosegue De Mauro, di andare incontro a molti rischi: “il peggiore non rendersi conto che molti dettagli per lui importanti possono non essere interessanti per chi ascolta o legge. La brevità non ha mai fatto male a nessuno”.

3. Selezione

Dobbiamo selezionare ciò che vogliamo comunicare.

I nostri lettori non potranno comunque prestarci più di tanta attenzione. La risorsa tempo è scarsa e il cervello vuole risparmiare energia.

Preso atto di ciò, è importante che la selezione di quello che, in funzione dei nostri fini, vogliamo resti impresso, venga fatta da noi.

Scrivere è un’arte e l’unico modo è praticarla con pazienza e dedizione.

Semplicità, sintesi e selezione sono le tre buone regole del business writing su cui fare affidamento, sempre. Soprattutto oggi, nell’era digitale.

Se siete alla ricerca di altri suggerimenti vi invito a leggere il mio White Paper. Sarò felice se vorrete condividere le vostre considerazioni: Scrivere bene per lavorare meglio – I segreti del business writing: https://bridgepartners.it/whitepaper-scrittura.

¹ https://en.wikipedia.org/wiki/Tullio_De_Mauro 
² De Mauro T., Guida all’uso delle parole. Parlare e scrivere semplice e preciso per capire e farsi capire, Editori Riuniti, 2003.
³ https://en.wikipedia.org/wiki/Immanuel_Kant 
https://en.wikipedia.org/wiki/Italo_Calvino

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