Il 19 aprile 1995, nella città di Pittsburgh, un uomo assaltò due banche in pieno giorno, senza nessuna maschera che gli coprisse il volto. Come facilmente prevedibile, l’uomo fu arrestato immediatamente.
Dopo essere stato arrestato, McArthur Wheeler, così si chiamava l’uomo, confessò di aver applicato del succo di limone sul suo volto convinto che questo l’avrebbe reso invisibile alle telecamere. L’idea del succo di limone era stato un suggerimento goliardico di due amici di Wheeler.
L’uomo, nonostante la natura scherzosa della cosa, provò l’assurda tecnica e si applicò del succo di limone sul viso. Scattò poi una fotografia in cui non si vedeva il suo volto perché non inquadrato. Quella sorta di test però diede la conferma a Wheeler della fondatezza della teoria convincendolo così a portare a termine il suo piano criminale. Fu allora che David Dunning, professore di psicologia sociale alla Cornell University, si domandò se fosse possibile che l’incompetenza impedisse di vedere l’incompetenza. Vennero svolti diversi esperimenti da David Dunning e Justin Kruger. L’obiettivo era quello di analizzare la competenza delle persone nel campo della grammatica, del ragionamento logico e dell’umorismo.
Ai partecipanti venne chiesto di stimare il loro livello di competenza in ognuno di questi campi. Successivamente, furono sottoposti ad una serie di test volti a valutare la loro reale competenza, nei campi oggetto dell’autoanalisi.
Il risultato fu strabiliante. I ricercatori riscontrarono che quanto maggiore era l’incompetenza della persona, tanto minore era la sua consapevolezza. Queste persone non erano infatti in grado di padroneggiare quelle strategie metacognitive che permetterebbero una maggiore consapevolezza dei propri limiti. Paradossalmente, le persone più competenti e capaci invece erano solite sottovalutare le loro capacità e conoscenze. L’effetto prese così il nome di Dunning-Kruger.
I due psicologi conclusero inoltre che le persone incompetenti non solo non sono in grado di rilevare e riconoscere la loro incompetenza, ma non riconoscono nemmeno la competenza degli altri. Questo effetto si attenua se la persona aumenta il proprio livello di competenza nel merito diventando così anche maggiormente consapevole dei propri limiti.
L’effetto Dunning-Kruger è una distorsione cognitiva studiata in psicologia, secondo la quale un individuo poco esperto in un dato campo dello scibile umano, tende a sopravvalutare le proprie abilità e conoscenze sull’argomento, autovalutandosi molto esperto in quel campo o comunque molto più esperto di quanto realmente sia, col risultato di dimostrarsi estremamente supponente nel confronto con persone realmente esperte in quel campo.
Chi non è esperto dell’argomento, proprio in virtù di tale ignoranza, è portato a sviluppare una ingiustificata fiducia in sé stesso. Quasi sempre tale fiducia è molto più elevata di chi invece, avendo una padronanza reale dell’argomento e conoscendone la reale complessità, intuisce i propri limiti finendo in molti casi paradossalmente per sottovalutarsi e collocando il proprio ignorante interlocutore in una ancor più paradossale posizione di superiorità.
Di fatto il diabolico effetto Dunning-Kruger, abbinato alla potenza di internet, trasforma chiunque in tuttologo che alza la voce anche e soprattutto senza averne le competenze, perfino in campi che richiedono anni di studi per avere un’autorevole voce in capitolo, come l’astronomia, la politica, la giurisprudenza, la diplomazia internazionale, l’economia, la fisica e l’immunologia, abbassando l’asticella della discussione finché, chi sa davvero e vorrebbe approfondirla, preferisce abbandonarla.
Ricordiamo la celebre tesi della “docta ignorantia” del filosofo greco Socrate, attribuitagli dal discepolo Platone nella sua meravigliosa Apologia di Socrate: “dovetti concludere meco stesso che veramente di codesto uomo ero più sapiente io: in questo senso, che l’uno e l’altro di noi due poteva pur darsi non sapesse niente né di buono né di bello; ma costui credeva sapere e non sapeva, io invece, come non sapevo, neanche credevo sapere; e mi parve insomma che almeno per una piccola cosa io fossi più sapiente di lui, per questa che io, quel che non so, neanche credo saperlo”.
“È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza” concludeva Socrate.
Socrate, con una certa falsa modestia, da una parte conosceva bene le proprie capacità ed usava l’espediente della propria presunta ignoranza per essere “sottovalutato” dall’avversario e batterlo nella retorica e nella logica, d’altro canto però è proprio la sua convinzione di “sapere di non sapere”, intesa come consapevolezza di non conoscenza definitiva, che lo spingeva al desiderio di conoscere.
La conoscenza diviene pertanto un processo in divenire e mai del tutto esaurito, concetto vitale nella ricerca scientifica, dove tutto viene costantemente messo in discussione. Aristotele diceva infatti che “l’ignorante afferma, il saggio dubita e riflette”.
Einstein a riguardo affermava che l’umanità non saprà mai di essere all’inizio o alla fine di un ipotetico cammino della conoscenza: è questa la condizione necessaria per spingerci sempre più in avanti, per non far atrofizzare la mente dell’umanità, senza mai accontentarsi della ricerca fatta in passato e sperando di scoprire sempre più nuove domande, che nuove risposte. Il bello della conoscenza è colmare la nostra mente seminandovi dei dubbi, non riempendola di certezze, anche perché le certezze non appartengono alla nostra piccola esistenza e probabilmente mai le avremo, anche continuando a cercarle per sempre. “L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza” scriveva il celebre biologo britannico Charles Darwin, famoso per aver formulato la teoria dell’evoluzione delle specie, sintetizzando ed anticipando di oltre cento anni quello che oggi viene chiamato effetto Dunning-Kruger.
La percezione non realistica, alla base dell’effetto, è che per fare bene qualcosa dobbiamo avere almeno un minimo di abilità e competenze che ci permettano di stimare con precisione quale sarà la nostra prestazione in merito.
Non possedere le conoscenze che ci permettono di paragonare le nostre abilità con le reali competenze necessarie per fare quella cosa, ci rendono soggetti all’effetto Dunning Kruger.
Dobbiamo prestare attenzione a questa distorsione cognitiva, perché l’incompetenza e la mancanza d’autocritica non solo ci porteranno a conclusioni sbagliate, ma ci faranno anche prendere decisioni sbagliate che potranno arrecarci danno.
“Io non ho paura di un esercito di leoni, se sono condotti da una pecora. Io temo un esercito di pecore, se sono condotte da un leone” scriveva Alessandro Magno.
Per ridurre al minimo l’effetto Dunning-Kruger è importante applicare queste semplici regole:
In conclusione: non pensare mai di essere troppo esperto in un campo o ti precluderai ogni strada per crescere.