I sei approcci al cambiamento di Kotter e di Schlesinger sono un modello per evitare, far diminuire o minimizzare la resistenza al cambiamento nelle organizzazioni.
Kotter e Schlesinger hanno elaborato un modello basato sull’analisi di diversi casi di cambiamento, sia di successo che di insuccesso, che descrive prima le cause della resistenza, e poi delinea i possibili approcci risolutivi e una strategia adeguata.
Secondo Kotter e Schlesinger, ci sono quattro ragioni per cui determinate persone sono resistenti al cambiamento:
I possibili approcci risolutivi, applicabili tra loro in combinazioni molto diverse a seconda della situazione, per trattare la resistenza al cambiamento sono di seguito sintetizzati.
Comunicare i cambiamenti desiderati e motivarli, in modo da aiutare le persone a vedere la necessità e la logica del cambiamento. Un programma di educazione e comunicazione può essere ideale quando la resistenza si basa su informazioni imprecise o insufficienti, anche se richiede, al contempo, tempo e fatica nel caso siano coinvolte molte persone. Un esempio di questo tipo può essere una presentazione che spieghi modifiche e ragioni e che venga mostrata diverse volte a più gruppi. Ciò riduce la diffusione di voci non fondate ed errate riguardo agli effetti del cambiamento nell’organizzazione.
Coinvolgere i potenziali resistenti nel progettare e realizzare il cambiamento, in modo da anticipare la resistenza. Quando il personale è coinvolto nello sforzo del cambiamento, avrà più voglia di cambiare piuttosto che di resistere. Questo metodo probabilmente farà diminuire la resistenza di quelli che semplicemente acconsentono al cambiamento. Non è la soluzione più appropriata nel caso in cui il cambiamento debba essere effettuato in tempi rapidi.
Fornire addestramento e supporto psicologico, soprattutto quando la resistenza è causata dalla paura e dall’ansia. Essendo di appoggio al personale durante il processo, i manager possono prevenire delle potenziali resistenze. Il supporto manageriale aiuta le persone ad affrontare il loro timore e l’ansia durante il periodo di transizione. La base della resistenza al cambiamento è probabile che sia: la percezione che ci sarà una certa forma di effetto nocivo provocato dal cambiamento nell’organizzazione. Tipici di questo metodo sono il ricorso alla formazione e alla consulenza somministrate da soggetti esterni all’organizzazione. Si può quindi operare attraverso programmi di formazione o attività didattiche lontane dal luogo di lavoro, oppure attraverso l’ascolto e il dialogo con i diretti interessati;
Fornire incentivi agli attuali e potenziali resistenti, come per esempio un aumento della retribuzione, un aumento delle responsabilità o benefit. Tale metodo è adatto nel caso in cui i resistenti al cambiamento siano in una posizione di potere. In casi estremi possono essere offerti incentivi a lasciare l’azienda a coloro i quali ostacolano il cambiamento.
Assegnare agli individui un ruolo desiderabile nel cambiamento. Questo si differenzia dalla partecipazione, perché punta solo all’approvazione, e non davvero alla ricezione di consigli dei cooptati. Veloce e poco costoso, può però dare potere ai cooptati nell’agire contro il cambiamento, se si dovessero accorgere della cooptazione. Laddove le altre tecniche non funzionano o si rivelano troppo costose, Kotter e Schlesinger suggeriscono che una tecnica efficace di manipolazione è cooperare con coloro i quali stanno resistendo al cambiamento. La cooperazione comporta l’introduzione di una persona in un gruppo di pianificazione della gestione del cambiamento per apparenza piuttosto che per un contributo sostanziale. A questi leader può essere dato un ruolo simbolico nel processo decisionale, senza minacciare lo sforzo del cambiamento. Se tali leader ritengono di essere stati ingannanti, è probabile che facciano maggiore resistenza di quanto ne avrebbero fatta qualora sarebbe stati inclusi nella direzione degli sforzi del cambiamento.
Attuare una coercizione implicita o esplicita come minacciare la perdita del lavoro o promuovere opportunità di miglioramento. È un approccio rischioso, ma necessario nei casi in cui il cambiamento debba essere svolto velocemente e al contempo sia palese la sua impopolarità. Da usare soltanto come estrema ratio. I manager possono forzare esplicitamente o implicitamente i collaboratori ad accettare il cambiamento, ma eliminare la resistenza al cambiamento può condurre a perdite del lavoro, trasferimenti di impiegati o mancate promozioni per i colleghi.
Oltre a questi elementi, anche la scelta di un’adeguata strategia da adottare è molto importante. Essa deve essere frutto di una pianificazione, implementazione e approccio coerenti tra loro.
Possiamo pensare le opzioni strategiche come appartenenti ad una scala.
Chiaramente, gli sforzi di cambiamento organizzativo che si basano su strategie incoerenti tendono ad incorrere in problemi prevedibili. Per esempio, sforzi non pianificati in anticipo in maniera chiara, ma implementati rapidamente si arenano immediatamente, mentre sforzi che coinvolgono molte persone ma vengono implementati rapidamente di solito non avranno la partecipazione desiderata.
Per stabilire che tipo di strategia utilizzare è necessario prendere in considerazione quattro fattori situazionali:
Se dunque l’organizzazione rischia un crollo della performance, allora è necessario muoversi rapidamente. Se è invece prevista un’intensa ed estesa resistenza, la necessità di avere impegno da parte di altri per progettare e realizzare il cambiamento, e se coloro che potrebbero opporre resistenza hanno più potere contrattuale, allora è necessario procedere lentamente.
Kotter afferma che si può migliorare la possibilità di successo del cambiamento organizzativo attraverso la conduzione di un’analisi organizzativa che identifichi la situazione, i problemi e le forze che possono causare tali problemi. L’analisi dovrebbe specificare:
Dal momento che il cambiamento provoca paura per ciò che è ignoto poiché modifica l’ambiente di lavoro, il contenuto delle proprie attività, le posizioni gerarchiche e di potere, si va a creare spontaneamente una situazione di stress talvolta insopportabile e un tentativo di evitare, bloccare e ritardare eventuali cambiamenti. Questo si può manifestare sia in forme aperte ed esplicite, come scioperi o proteste formali, che attraverso forme latenti, subdole e poco evidenti, che vanno dal ridotto impegno fino a possibili azioni di sabotaggio.
Occorre perciò lasciar emergere la resistenza perché, mentre l’opposizione latente o l’accettazione solo apparente mettono davvero a rischio il successo del cambiamento, la resistenza esplicita è fisiologica e, se ben gestita, può essere alla base del successo.