Il termine innovazione, letteralmente, significa:
“a. L’atto, l’opera di innovare, cioè di introdurre nuovi sistemi, nuovi ordinamenti, nuovi metodi di produzione e sim. b. In senso concreto, ogni novità, mutamento, trasformazione che modifichi radicalmente o provochi comunque un efficace svecchiamento in un ordinamento politico o sociale, in un metodo di produzione, in una tecnica, ecc; anche in particolari meccanismi o prodotti dell’industria”¹.
Assumendo per innovazione il significato indicato con la lettera “b”, l’innovazione è qualcosa che va a modificare o a rendere più moderno qualcosa di pre-esistente il quale, al subentrare dell’innovazione, diventa quasi obsoleto.
Fu K. B. Clark, nel 1987, a distinguere tra radical innovation e incremental innovation. Tale semplificazione, rivelatasi piuttosto incompleta, è stata superata dal modello del 1990 di R. M. Henderson e K. B. Clark che evidenzia altri due tipi di innovazione: l’architectural innovation e la modular innovation. Le quattro tipologie sono illustrate nella Figura 1.
Partendo ad innovare un prodotto che già esiste, se questo viene radicalmente mutato assistiamo a quella che viene definita innovazione radicale.
Se, nell’innovare un qualcosa che già esiste, viene apportata una o più modifiche che ne migliorino le caratteristiche assistiamo all’innovazione incrementale.
La distinzione tra innovazione radicale ed innovazione incrementale non deve essere vista come alternativa, ma come un mix in cui ci sono diversi gradi d’innovazione, i cui estremi sono appunto quelli dell’innovazione radicale e di quella incrementale.
L’innovazione modulare, rappresentata nel riquadro in alto a destra nella tabella, non cambia i legami tra i componenti e quindi l’architettura del prodotto, ma opera le modifiche alla componente chiave del prodotto stesso.
Un esempio riportato nel lavoro di Henderson e Clark è quello del passaggio dal telefono analogico a quello digitale. È questo infatti un esempio chiaro di come si possa cambiare l’essenza del prodotto senza modificare la struttura stessa del prodotto medesimo, in questo caso del telefono.
L’ultimo tipo di innovazione indicato in figura è quello definibile come architetturale, ossia nel quale, in maniera opposta a quanto avviene in quella modulare, il cambiamento viene apportato al collegamento esistente tra i componenti, senza modificare il core concept del bene in analisi.
Questo tipo di innovazione, infatti, viene spesso innescato da un semplice cambiamento in un componente, come per esempio la dimensione o altri parametri sussidiari, che fa scaturire nuovi legami, o l’idea per costruirne di nuovi, con le componenti restanti del prodotto in questione ².
¹ Dizionario Treccani.
² Henderson, Clark.