Le radiazioni elettromagnetiche generate dai sistemi cellulari (e quindi anche dal 5G) rientrano nell’intervallo di frequenze associato alle radiazioni non ionizzanti. Ciò vuol dire che l’energia dell’onda elettromagnetica non è tale da riuscire a ionizzare un atomo, né tanto meno una molecola del corpo umano e non è, quindi, in grado di provocare una degenerazione del DNA come avviene, invece, quando ci si espone alle radiazioni ionizzanti (quelle usate, ad esempio, nelle radiografie e nelle TAC).
L’OMS dichiara che non esistono prove di un nesso causale fra esposizione ai campi elettromagnetici ed insorgenza di tumori: nel 2011, a seguito delle evidenze riportate in una specifica monografia dell’IARC (International Agency for Research on Cancer), i campi elettromagnetici sono stati inseriti nella categoria 2B di rischio di cancerogenicità, cioè fra i “possibilmente cancerogeni”. Vale la pena ricordare che in questa stessa categoria ricadono l’estratto di aloe vera, l’acido caffeico, le attività professionali di falegnameria e carpenteria.
Per confronto, nella categoria immediatamente più alta (categoria 2A: “probabilmente cancerogeni”) ricadono anche la carne rossa, le bevande calde oltre i 65 °C, la polvere di legno.
Nella categoria 1 (quella dei “Cancerogeni”, ovvero delle esposizioni per le quali il nesso con l’insorgenza tumorale è stabilito su base scientifica) ricadono, tra gli altri, il fumo di sigaretta (attivo e passivo), la carne sottoposta a processi industriali, il benzene, il radon, e i raggi ultravioletti.
Il 5G, come le attuali tecnologie di telefonia mobile di seconda, terza e quarta generazione (2G, 3G e 4G), non richiede segnali elettromagnetici di intensità tale da indurre aumenti significativi della temperatura corporea dei soggetti esposti, per cui non è prevedibile alcun problema per quanto riguarda gli effetti noti dei campi elettromagnetici. Questo è vero anche in considerazione sia della natura particolarmente restrittiva della normativa italiana, sia dei margini di cautela impliciti negli standard internazionali per la protezione dagli effetti termici nell’ipotesi che il quadro normativo italiano venga allineato ad essi per evitare che gli attuali problemi di installazione degli impianti di telecomunicazione mobile possano essere accentuati con l’avvento del 5G¹.
Non solo i livelli di esposizione della popolazione saranno molto inferiori alle soglie per gli effetti a breve termine di natura termica, ma la temuta “proliferazione di antenne” non dovrebbe comportare aumenti generalizzati delle esposizioni in quanto le ridotte dimensioni delle celle, come visto nel nostro articolo 5G: Dalle macrocelle alle femtocelle, comporteranno delle potenze di emissione più basse di quelle utilizzate per coprire le macrocelle.
D’altra parte, come già avviene per le small cells già utilizzate dalle tecnologie attuali di telefonia cellulare e come visto nel nostro articolo L’architettura delle reti 5G, le antenne fisse saranno presumibilmente poste a distanze più ridotte dalle persone di quanto lo sia, per esempio, la distanza di una stazione radiobase posta sulla sommità di un edificio. Inoltre, le tecnologie 5G si affiancheranno, almeno inizialmente, alle tecnologie esistenti, per cui qualche aumento dei livelli di esposizione potrebbe verificarsi in prossimità delle antenne.
Sarà comunque compito delle autorità delegate ai controlli delle emissioni verificare il rispetto della normativa.
Le frequenze che verranno utilizzate per il 5G sono state oggetto di un numero di studi sicuramente inferiore rispetto a quelle utilizzate dalle attuali tecnologie per le telecomunicazioni e per le trasmissioni radiotelevisive, tuttavia alcune considerazioni possono essere effettuate.
Per quanto riguarda la banda 26,5-27,5 GHz, a tali frequenze le onde elettromagnetiche vengono riflesse o assorbite superficialmente a livello della pelle, senza quindi penetrare all’interno del corpo. Ciò indica che a tali frequenze non possono essere estrapolati i risultati degli studi epidemiologici che suggeriscono un aumento di rischio di tumori intracranici negli utilizzatori di telefoni cellulari, e tanto meno quelli dei recenti studi sperimentali dell’NTP² e dell’Istituto Ramazzini³ in cui gli incrementi di schwannomi sono stati osservati nella regione del cuore degli animali esposti.
D’altra parte, il fatto che le onde non raggiungono gli organi interni non significa di per sé che non possano essere pericolose. Si pensi infatti alla radiazione ultravioletta, quale quella emessa dal Sole, anch’essa completamente assorbita dalla pelle, che aumenta il rischio di tumori cutanei nei soggetti più esposti e per questo è stata classificata dalla IARC come “cancerogena per gli esseri umani” (gruppo 1)⁴. Nel caso della radiazione ultravioletta, a differenza dei campi elettromagnetici a radiofrequenza, sono stati peraltro identificati i meccanismi di danno al DNA che la rendono cancerogena.
In passato sono state condotte diverse rassegne delle evidenze scientifiche sugli effetti biologici e i rischi per la salute delle onde millimetriche, come per esempio in occasione dell’introduzione negli aeroporti internazionali dei body scanner per controlli antiterroristici che espongono i passeggeri ad onde elettromagnetiche a frequenze molto simili a quelle del 5G.
L’Agenzia Francese di Sicurezza Sanitaria dell’Ambiente e del Lavoro (AFSSET) evidenziava in una sua rassegna del 2010, effettuata per valutare i rischi dei body scanner, che alcuni studi sperimentali di laboratorio in vitro suggerivano effetti biologici delle onde millimetriche a livelli non termici, come un’azione antiproliferativa su alcuni sistemi di cellule tumorali in coltura, o perturbazioni delle proprietà strutturali e funzionali delle membrane cellulari, tuttavia la rilevanza sanitaria di questi effetti non era chiara⁵.
Nella già citata valutazione delle evidenze della IARC sono stati esaminati anche studi relativi ai campi elettromagnetici emessi da sorgenti diverse dai telefoni cellulari, anche a frequenze confrontabili con quelle che saranno utilizzate dal 5G, che tuttavia fornivano evidenze inferiori alla già limitata evidenza proveniente dagli studi sugli utilizzatori dei telefoni cellulari.
In conclusione, i dati disponibili non confermano problemi per la salute della popolazione connessi all’introduzione del 5G. Tuttavia, è importante che l’introduzione di questa tecnologia sia affiancata da un attento monitoraggio dei livelli di esposizione, come avviene attualmente per le attuali tecnologie di telefonia mobile, e che proseguano le ricerche sui possibili effetti a lungo termine.
¹ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, “Ostacoli nell’installazione di impianti di telecomunicazione mobile e broadband wireless access e allo sviluppo delle reti di telecomunicazione in tecnologie 5G”, Bollettino Settimanale, Anno XXVIII – n. 49, 31 dicembre 2018. http://www.agcm.it/dotcmsdoc/bollettini/2018/49-18.pdf
² National Toxicology Program, U.S. Department of Health and Human Services, “Cell Phone Radio Frequency Radiation”, 2018. https://ntp.niehs.nih.gov/results/areas/cellphones/index.html#studies
³ Falcioni L et al., “Report of final results regarding brain and heart tumors in Sprague-Dawley rats exposed from prenatal life until natural death to mobile phone radiofrequency field representative of a 1.8 GHz GSM base station environmental emission”, Environ Res. 2018 Aug;165:496-503.
⁴ International Agency of Research on Cancer (IARC), “Radiation”, Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans. A Review of Human Carcinogens vol. 100 D. Lyon: IARC; 2012. https://monographs.iarc.fr/ENG/Monographs/vol100D/mono100D.pdf
⁵ Agence Française de Sécurité Sanitaire del’Environnementet du Travail (AFSSET), Évaluation des risques sanitaires liés à l’utilisation du scanner corporel à ondes ‘millimétriques’ ProVision 100. Rapport d’expertise collective. Février 2010. https://www.anses.fr/fr/system/files/AP2010et8000Ra.pdf