Ascolto attivo: andare oltre il sentire

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Ascolto attivo: andare oltre il sentire

Ascolta “Ascolto attivo: andare oltre il sentire” su Spreaker.

 

Pensa ad una canzone di cui conosci qualche strofa, che qualche volta canticchi e che se trasmessa per radio riesci a intonare quasi tutta. Ma conosci il senso del testo? Ti sei mai fermato ad ascoltarla per capire il contenuto o la canti solo mettendo insieme le parole?

Tu, io, noi tutti sentiamo tantissime cose.

Spesso usiamo questo verbo quando vogliamo indicare che percepiamo un suono o un rumore in maniera istintiva o approssimativa. A volte non possiamo fare a meno di sentire… il volume alto del televisore del vicino, ad esempio. Altre volte sentiamo delle notizie: ho sentito alla radio che domani potrebbe piovere… E ci capita anche di sentire oltre l’udito: sentiamo dei buoni odori, sentiamo freddo, fame, stanchezza, dolore…

Ma tu, io, noi tutti ascoltiamo pure.

E anche ascoltare lo si fa principalmente attraverso l’udito, ma sottintende una scelta, una volontarietà e maggiore attenzione.

A volte anche ascoltare diventa un’azione meccanica, ma se si vuole ascoltare veramente, cioè capire e intendere a fondo quanto gli altri ci vogliono comunicare, ecco che diventa necessario metterci impegno, concentrazione, disponibilità a comprendere il punto di vista altrui, capacità di andare oltre le parole per trovare anche il messaggio inespresso.

Saper ascoltare è una competenza basilare e preziosa per rendere efficaci le relazioni interpersonali.

Molti pensano che saper ascoltare sia naturale, spontaneo e istintivo. Eppure se proviamo ad osservare conversazioni sia in contesti lavorativi sia in altri ambiti – ad esempio i dibattiti televisivi! – ci accorgeremo che è abituale trovare chi interrompe chi sta parlando, chi non si accerta di aver compreso, chi fornisce elementi insignificanti o fuori contesto, chi comprende solo ciò che vuole capire, chi non tiene assolutamente conto di ciò che è stato detto dagli altri, chi non risponde alle domande, chi porta avanti solo il proprio discorso…

Insomma, nei fatti non è così facile saper ascoltare!

Ma si può imparare ad ascoltare? Indubbiamente una predisposizione innata all’ascolto aiuta, ma si può lavorare per affinare questa capacità che aiuta a rendere la comunicazione un’esperienza proficua, vantaggiosa e costruttiva per tutti gli interlocutori.

Un buon punto di partenza per riflettere sul tema è conoscere e riconoscere gli elementi che possono ostacolare l’ascolto. Vediamone alcuni:

  • Mancanza di interesse. A volte il contenuto della comunicazione proprio non incuriosisce e quindi è facile che la mente divaghi. C’è – ad esempio- a chi succede ascoltando la radio: si sente la musica e si ignorano gli interventi degli speakers o la pubblicità
  • Noia. Può succedere che chi parla non riesca a catturare l’attenzione e in questo caso si tende ad allontanarsi con i pensieri. A chi non è capitato di pensare di qualcuno che quando parla, fa addormentare?!
  • Rumori e distrazioni esterne. Diversi sono i fattori che possono disturbare una conversazione, rendendo difficile la concentrazione. Può ad esempio succedere quando vi sono altre persone che parlano a poca distanza, il cellulare che suona, un ambiente con un microclima per nulla confortevole…
  • Terminologia. È facile che chi conosce bene un argomento tenda ad usare vocaboli specifici, soprattutto in campo tecnico o specialistico. Se non si riesce a cogliere appieno il messaggio, è naturale che l’attenzione cali. Per un esperto in telecomunicazioni sarà probabilmente semplice capire il significato, ad esempio, della frase “Con l’asta sono stati messi a gara 1275 MHz di spettro nelle bande pioniere per il 5G attuando il 5G Action Plan europeo.” (tratto dal documento “Spettro radio, 5G e innovazione tecnologica” della Camera dei Deputati – Servizio Studi). Non altrettanto comprensibile è il contenuto per chi non conosce bene il mondo tecnologico.
  • Parole. Ci sono termini capaci più di altri di suscitare reazioni emotive che possono essere positive, ma anche negative. L’emotività in generale non aiuta l’ascolto ed eventuali reazioni difensive guidate dall’istinto impediscono a maggior ragione la comprensione reale del messaggio. Solo per citarne alcune…: abusare, euforia, controllo, indagine, trappola, odio…
  • Pregiudizi e stereotipi. Talvolta, sulla base di pochi e frettolosi elementi, si attribuiscono all’interlocutore determinate caratteristiche che portano poi a trarre conclusioni affrettate e non sempre veritiere sul contenuto della conversazione. A prescindere da ciò che viene detto, portano a reagire sfavorevolmente pensieri come: Questa persona non ha esperienza. È troppo diverso da me. È furbo, chissà dove vuole andare a parare. Troppo giovane. Viceversa si è invece inclini ad essere positivi e addirittura ad ignorare le informazioni incongruenti al nostro giudizio quando abbiamo convinzioni come Noi la pensiamo sempre uguale. Siamo molto simili. È una persona influente.

Visti quindi gli elementi che ostacolano l’ascolto, diventa più semplice capire (anche se non altrettanto facile da mettere in pratica!) cosa serve per comprendere il vero messaggio della comunicazione.

Cosa fare, quindi, per cercare di ascoltare al meglio?

Occorre porre attenzione e dimostrarlo fattivamente a chi sta parlando.

È necessario concentrarsi sulla sostanza e non fermarsi alle parole, allo stile o al vocabolario.

È utile mettere a proprio agio chi parla, incoraggiandolo a continuare.

Mentre si ascolta è opportuno evitare commenti che racchiudono giudizi: affermazioni come Quello che dici non ha senso. oppure Come sempre non ci capiamo. – solo per fare qualche esempio, portano verso una chiusura della relazione o, peggio, rischiano di innescare reazioni di difesa/attacco dei tutto a scapito della reciproca comprensione.

È importante non cadere nell’errore, molto comune (pensiamo alle riunioni di lavoro!), di pensare a cosa dire mentre un’altra persona sta ancora parlando. Concentrandosi sui propri pensieri non si ascolta e si rischia di perdere informazioni importanti o magari fare poi un intervento fuori contesto.

Aiuta invece porre domande. È un chiaro segno di ascolto, un utile mezzo per approfondire ciò che interessa e per verificare se si è compreso il messaggio. Le domande possono anche essere sfidanti, ma vanno sempre poste con tono positivo e atteggiamento costruttivo. Se vuoi, puoi leggere il mio articolo “le domande, uno strumento comunicativo davvero prezioso” per conoscere qualcosa in più su questo strumento.

Infine viene la parte più difficile: sintonizzarsi sui sentimenti di chi parla. Non solo quando si affrontano temi delicati, ma ogni volta che qualcuno ci vuole dire qualcosa, è di grande aiuto mostrare di comprendere i contenuti della comunicazione, ma anche e soprattutto i sentimenti, le sensazioni, le emozioni di chi parla. Parliamo di empatia, cioè la capacità di entrare in relazione con qualcuno, senza formulare giudizi, comprendendone ragioni e sentimenti. Ascoltare con empatia vuol dire riuscire a trasmettere che siamo in grado di capire il punto di vista altrui e comprendere quindi ciò che prova.

Ricordiamo comunque sempre che ascoltare non significa approvare, ma capire.

Un buon ascolto dei clienti, dei colleghi, dei superiori è alla base di efficaci rapporti interpersonali, aiuta le relazioni, favorisce il business, ottimizza i tempi… insomma: vale davvero la pena impegnarsi ad ascoltare!

Spero di essere riuscita a fornire qualche spunto di riflessione sull’importanza di questa capacità.

Se vuoi puoi lasciare in calce un tuo commento… noi ti ascoltiamo volentieri!

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