Provate a immaginare questa storia di fantasia non troppo distante da tante reali…
Il signor A. è entrato nell’azienda in cui lavora quasi subito dopo la laurea. Ha fatto la giusta gavetta come professional ed è quindi iniziato il suo percorso di sviluppo verso la prima posizione di responsabilità.
Finalmente arriva la nomina ufficiale: un giro di alcuni manager lo porta a prendere il posto di un suo collega a capo di un piccolo reparto con cinque collaboratori.
Si può dire fortunato: il settore funziona bene, le persone – ovviamente ciascuna con le proprie caratteristiche – sono capaci, lavorano insieme da tempo e l’ambiente è affiatato.
Come nuovo responsabile inizia fin da subito ad entrare nel contenuto dell’attività e dopo poco arriva il momento di presentare al suo superiore un primo report.
Vuole fare bella figura: si chiude in ufficio da solo per decidere l’impostazione… inizia ad estrarre dati, a fare elaborazioni, grafici e simulazioni. Comincia anche a lavorare sulla presentazione: il tempo è tiranno e lavora a testa bassa.
Sempre più spesso fa tardi in ufficio… di giorno smaltisce le pratiche di routine e poi, quando tutti escono, porta avanti il suo lavoro. Qualche collaboratore che in passato aveva già lavorato con il precedente responsabile per la stesura di questi report, vedendolo sempre più teso e stanco, gli chiede se può essere d’aiuto, ma – a meno di qualche richiesta elementare e non strutturata – il signor A. preferisce procedere in autonomia.
Il giorno della presentazione arriva, va abbastanza bene – ma non benissimo: peccato non aver tenuto conto di quell’evento successo prima del suo arrivo… ma come poteva saperlo? si giustifica in cuor suo.
I suoi collaboratori sono dispiaciuti, ma anche un po’ delusi e seccati per il fatto che il responsabile non abbia presentato i dati al meglio… loro sapevano bene cosa era capitato alcuni mesi prima e ne avrebbero sicuramente tenuto conto!
Un giorno il collaboratore più anziano prende coraggio e, con la scusa di portargli un caffè, rinnova la disponibilità dell’intero gruppo a supportarlo e lavorare insieme. Purtroppo però il signor A. ha un detto che non abbandona:
“è più semplice fare che fare fare”
Il reparto – uno tra i migliori dell’intera azienda – nei mesi perde un po’ di smalto e interviene quindi il collega dell’ufficio delle Risorse Umane che, dopo qualche domanda e un paio di colloqui, ritiene che possa essere opportuno mandare il neo-manager ad un corso sulla delega.
È qui che al signor A. si svela un mondo…
Chi svolge un ruolo gestionale ha intrinsecamente la responsabilità di utilizzare al meglio i propri collaboratori e dare loro gli strumenti necessari per sviluppare nel tempo capacità crescenti per realizzare obiettivi di sempre maggiore complessità.
Ogni manager ha il mandato di raggiungere gli obiettivi aziendali assegnati. Ed ha in capo anche la scelta – e la responsabilità – di decidere come fare e di come impiegare le risorse per ottenere il risultato atteso.
Schematizzando, il capo può stabilire consapevolmente se:
Può succedere che, di fronte a situazioni complesse o appuntamenti importanti, il capo sia tentato di riservare a sé l’elaborazione concettuale del problema, la scelta delle possibili soluzioni e l’impostazione del percorso. In questo caso il far fare e far accadere diventano meramente indicazioni operative elementari che non riescono ad inserirsi in un quadro d’insieme.
L’alternativa è invece riuscire a pensare senza schemi precostituiti, cercando il modo più efficace per raggiungere i risultati attesi attraverso la collaborazione di tutti i componenti del nucleo di lavoro. In questo caso la delega diventa un processo di esercizio della leadership, un’esaltazione della responsabilità in un rapporto costruttivo capo-collaboratore fatto di comunicazione, realizzazione e riscontro.
Da questo punto di vista la delega porta diversi ed evidenti vantaggi:
Va ricordato che il manager può (o meglio, deve – per quanto possibile) delegare interamente le attività a livello operativo, ma per ruolo rimane responsabile verso l’azienda e risponde in prima persona ai suoi superiori gerarchici dei risultati ottenuti anche per la parte dei contenuti delegati.
Per questo bisogna conoscere bene le capacità individuali dei propri collaboratori per attribuire loro, con fiducia, incarichi che siano in grado di svolgere. È necessario, poi, saper accettare il rischio di possibili errori altrui. Il processo di delega richiede inoltre applicazione e tempo per avviarsi su giuste e solide basi e, non ultimo, il responsabile non deve sentirsi sminuito per non aver fatto tutto in autonomia.
Per tutto questo possiamo quindi dire che delegare è una vera attività manageriale che se non condotta in maniera corretta rischia di portare stress, demotivazione e sovrapposizione dei ruoli.
Diversi sono i nemici della delega da contrastare sia per il responsabile sia per il collaboratore. Vediamo i principali.
Per il responsabile:
Per i collaboratori:
Il corso formativo sulla delega servì molto al signor A. che rientrò in ufficio avendo ora chiara l’importanza di saper gestire efficacemente le persone del proprio team.
Un buon manager deve capire e conoscere le potenzialità dei propri collaboratori e quindi riuscire coerentemente a stimolare la loro responsabilità individuale, spingendosi fin dove gli è possibile per farli sentire partecipi. Il risultato di tutto questo saranno delle persone pronte a dare sempre il meglio di sé.
Spesso i team sono lo specchio del loro manager: un responsabile che riesce a dimostrare fiducia ai propri collaboratori, a delegare in base alle capacità individuali e ai carichi di lavoro, a definire chiaramente e correttamente gli obiettivi monitorando gli avanzamenti e verificando i risultati, sarà ricompensato da una squadra di persone soddisfatte, motivate e responsabili.
Proprio per questo saper delegare è così importante…con fiducia e soprattutto senza rimpianti, perché nel tempo i risultati di business, la motivazione delle persone e il clima del team andranno ben oltre le aspettative.