Trovare una soluzione creativa al problema della trasparenza, chiarezza, comprensibilità del linguaggio giuridico è una delle sfide più attuali nell’ambito legal.
Ci sono delle soluzioni? La risposta è affermativa, c’è il legal design.
Ne parliamo con Stefania Passera, laurea in Design della Comunicazione Visiva al Politecnico di Milano ed oggi imprenditrice, Assistant Professor alla facoltà di Business Law della University of Vaasa, Contract Designer in Residence presso World Commerce & Contracting e co-autrice del Legal Design Manifesto, nonché co-fondatrice della Legal Design Alliance.
● Il legal design nasce da una sua intuizione e da un contesto di ricerca multidisciplinare in cui l’obiettivo primario è porre l’utente finale al centro del progetto (human-centered design). Da dove è iniziata la sua ricerca?
Ho seguito un progetto Erasmus in Finlandia, seguito da una laurea specialistica in graphic design. Qui ho conosciuto Helena Haapio, esponente di spicco della “Proactive & Preventive Law”, impegnata nella ricerca di soluzioni per migliorare la gestione del rischio contrattuale e prevenire incertezze legali e controversie, anche con la finalità di favorire il successo aziendale. Mi resi immediatamente conto che le tecniche di information design che utilizzavo quotidianamente non erano conosciute dai giuristi, da lì è nata l’intuizione di ampliare le possibilità applicative delle mie competenze. Ho iniziato a collaborare con Helena e ho inoltre intrapreso un dottorato di ricerca alla Aalto University School of Science, conclusosi con una tesi sulla visualizzazione dei contratti come aiuto alla comprensione e sostegno alla collaborazione fra i diversi “contract users” in azienda.
● La semplificazione dei documenti giuridici, una bella sfida! In cosa consiste il suo lavoro?
Il mio lavoro consiste nel progettare le informazioni legali utilizzando le giuste tecniche di design, con l’obiettivo di rendere i documenti più chiari, più diretti, più facili da usare e soprattutto più efficaci.
Ogni progetto di legal design si snoda in vari passaggi, ma, per sintetizzare, è necessario calarsi nell’esperienza dei destinatari del documento, iniziando ad individuare il contesto di utilizzo, le finalità per cui è stato predisposto e soprattutto la prospettiva dell’utente: quali sono le difficoltà di comprensione ed utilizzo delle informazioni? Per che cosa le vuole e deve usare?
Molte volte la complessità dei documenti è causata, o aumentata, da fattori “estrinseci”. Questa complessità inutile deve e può essere eliminata ad esempio semplificando il linguaggio, strutturando un’adeguata architettura dell’informazione o fornendo all’utente indicazioni e spiegazioni visive che aiutino a navigare nel documento.
● Quali vantaggi offre il legal design?
Il legal design consente essenzialmente di ridurre al minimo rischio di incomprensioni e l’insorgere di contestazioni e di supportare efficacemente i comportamenti “virtuosi” che ci si aspetta dalle parti.
Da un punto di vista pratico, nei contesti B2B che già fanno uso del metodo, si registra un dimezzamento dei tempi di negoziazione dei contratti e maggiore efficienza dei processi, con tutti i vantaggi organizzativi ed economici che ne conseguono.
Ma non solo. Il legal design ha un impatto positivo anche sulla reputazione aziendale, perché essere chiari e trasparenti con fornitori e clienti è un indubbio valore aggiunto. Spesso faccio l’esempio di aziende che hanno lavorato a migliorare la comunicazione delle proprie policy, come la privacy policy della piattaforma di contract management Juro.com, oppure l’agenzia di digital marketing August.
Le applicazioni più creative fanno addirittura uso di contratti in forma completamente visuale, simile a fumetti, specie in contesti in cui ci si rivolge a destinatari vulnerabili ed emarginati. In questi casi, non è solo necessario fornire contenuti e servizi in forma estremamente semplice ed accessibile, ma è doveroso affrontare la questione della giustizia sociale. Ad esempio, in Sud Africa sono stati proposti progetti di questo tipo, con contratti a fumetto destinati a lavoratori semi-analfabeti. Negli Stati Uniti ci sono vari progetti nel cosiddetto ambito dell’ access to justice, dove si mira a creare procedure e servizi legali economicamente sostenibili ed accessibili a tutti.
● Lei ricopre un importante ruolo nell’associazione internazionale World Commerce & Contracting. Ce ne può parlare?
Nel mio ruolo di “Contract Designer in Residence” mi occupo di vari progetti mirati a sensibilizzare, informare ed educare i nostri associati in materia di legal design. Ad esempio, le mie attività spaziano da webinar e workshop aperti a tutti i membri, a veri e propri progetti di contract design e consulenza per i nostri corporate members. Ho contribuito a creare la Contract Design Pattern Library, una collezione di tecniche ed esempi di best practice nel contract design da cui trarre ispirazione. Inoltre quest’anno abbiamo lanciato il Better Contract Design Mark, un marchio di qualità che premia e celebra contratti particolarmente user-friendly.
● Quali prospettive vede per il futuro? Dal suo punto di vista, le aziende italiane sono pronte per avviare progetti di legal design?
Il bisogno e il desiderio sicuramente ci sono, ma c’è necessità di far comprendere e normalizzare queste pratiche, creare una mentalità in azienda che ne promuova l’implementazione. Ci vuole consapevolezza dei metodi di progettazione human-centered e su come coinvolgere professionisti del design, della comunicazione e dell’innovazione nei campi legal & compliance.