Ascolta “…e tu di che generazione sei?” su Spreaker.
Il concetto di generazione è proprio dell’ambito sociologico e identifica un insieme di individui che, nate e vissute nello stesso periodo, condividono eventi, periodo storico, presente e prospettive future.
Si tratta di persone che hanno in comune il fatto di essere state toccate collettivamente – nel momento della crescita- dagli stessi grandi avvenimenti. In linea di massima le generazioni si formano nel momento in cui vi sono rapidi e forti mutamenti storico-sociali come guerre, rivoluzioni, grandi scoperte, diffusioni di massa o – come abbiamo imparato adesso – pandemie.
Vi sono diverse classificazioni, tutte molto simili tra di loro: io trovo particolarmente rispondete il quadro che individua – allo stato attuale – sette generazioni. Gli anni di riferimento sono ovviamente indicativi.
In generale i baby boomers di entrambi i cluster amano vivere bene, viaggiare, sono attenti alla forma fisica, sono dediti al lavoro, amano stare al centro dell’attenzione. Vengono anche definiti immigrati digitali perché hanno conosciuto le nuove tecnologie solo durante l’età adulta. Sono utilizzatori principalmente di telefono e televisione. I fondamentali grandi eventi comuni sono le prime trasmissioni televisive regolari (dal 1954), il secondo dopoguerra e il boom economico (anni ’50 e ’60), i fenomeni sociali del ’68, l’uomo sulla luna (1969), la TV a colori (dal 1977).
4. I nati dal 1965 al 1979 sono definiti generazione X. Nati in un mondo analogico, hanno accolto a braccia aperte la trasformazione tecnologica e digitale. Fondamentalmente è a questa generazione che si deve l’espansione di Internet. Preferiscono l’uso del computer, navigano quotidianamente per fruire di contenuti online e spesso comunicano attraverso e-mail. Sono caratterizzati da autonomia, indipendenza e propensione all’innovazione. Nel lavoro sono orientati alla carriera e spesso scelgono l’impiego sulla base delle possibilità di arrivare a realizzarsi. I loro grandi eventi comuni sono la guerra fredda (1960-1980), gli anni di piombo (1969-1982), le centrali nucleari (1964-1990), la disoccupazione giovanile (anni ’70), l’austerity (1973-74), la diffusione del cellulare (da metà anni ’80 in poi).
5. Negli anni dal 1980 al 1994 nascono gli appartenenti alla generazione dei millennials (anche detta generazione Y, generation next o generation net). Cresciuti durante la rivoluzione informatica con computer, internet, digitalizzazione e accelerazione tecnologia, utilizzano principalmente lo smartphone per messaggi istantanei e vocali. Hanno fortemente sviluppato il concetto di condivisione non solo virtuale, ma anche nelle cose concrete della vita come la casa, il mezzo di trasporto o gli oggetti in generale. Nel lavoro non hanno l’obiettivo del posto fisso. Hanno maturato una loro sensibilità sociale che li porta a mal sopportare le gerarchie e sono costantemente volti al miglior equilibrio possibile tra vita e lavoro. I maggiori grandi eventi che li accomunano sono il disastro di Cernobyl (1986), la caduta del muro di Berlino (1989), la diffusione di MTV (dal 1997 in Italia), lo sviluppo dei social media (primi anni 2000), l’attentato alle torri gemelle (2001), la messa in circolazione dell’Euro (2002)
6. Gli adolescenti di oggi – nati periodo dal 1995 al 2010 – sono definiti generazione Z (o anche IGen o generazione post). Sono i veri nativi digitali, sempre connessi, non conoscono né immaginano una vita senza tecnologia: hanno la fobia dalla batteria scarica. Sono la generazione più globalizzata di sempre: multiculturali, inclusivi, interpretano il concetto di genere in maniera molto più fluida rispetto alle generazioni precedenti. Hanno un grande accesso alle informazioni e per questo sono più sensibili ai problemi del mondo e – in un certo senso – anche più consapevoli. Caratterizzati dalla capacità di multitasking, sono – in genere – più volti alla velocità che all’accuratezza. I principali loro grandi eventi comuni sono le immigrazioni di massa in Italia (dai primi anni ‘90), i cambiamenti climatici (messi in maggiore evidenza dagli anni ’90), l’I-phone (in Italia dal 2008), il terrorismo islamico (anni 2000).
7. Infine, i nati dal 2010 – le cui caratteristiche sono ancora da mettere a fuoco – fanno parte della così detta Alpha generation. Sicuramente nel futuro troveremo in loro, più che in altri, chiari segni distintivi legati ad aver vissuto in giovanissima età l’attuale pandemia (dal 2020).
Attualmente nel mondo del lavoro si trovano a coesistere tendenzialmente tre/quattro generazioni: dai baby boomers alla generazione Z. Persone quindi che per vissuto – come abbiamo appena visto – hanno approcci e mentalità molto differenti tra di loro.
E non si tratta poi solo di differenze su come interpretare il quotidiano lavorativo, ma anche lo stato d’animo e le prospettive che può avere un prossimo pensionato rispetto ad un neo-ingresso nel mondo del lavoro.
Far coesistere e valorizzare queste differenze è una delle sfide che si trovano a vivere negli ultimi anni molte aziende, soprattutto da quando l’aspettativa di vita e l’età pensionabile si sono sensibilmente alzate.
Per questo, per stabilire connessioni positive con e tra i propri dipendenti, i manager di ogni azienda sono chiamati a comprendere ed esaltare le peculiarità di ogni generazione di lavoratori, trasformando quello che potrebbe essere un possibile scontro generazionale in un proficuo e poliedrico incontro di saperi diversi.
Una delle cose che maggiormente differenzia le diverse classi di età è aver vissuto la rivoluzione digitale in momenti storici diversi, portando quindi le persone ad avere modi propri di comunicare, rapportarsi e intendere il business. Senza dimenticarsi peraltro che, oltre alle differenze di generazione che qui stiamo prendendo in esame, oggi nel mondo del lavoro si possono sottolineare altre differenze come quelle di genere, di origine geografica, di religione, di cultura, di lingua madre, di abilità…
È anche per questo – ovviamente non solo – che la classe manageriale tutta e le politiche delle risorse umane devono tenere conto del passare del tempo e superare ogni autoreferenzialismo e staticità storica per essere più che adeguati in ogni fase della gestione delle proprie persone, millennials, generazione X, baby boomers o tradizionalisti che siano.
Proprio per ciò, trovo suggestivo affiancare (ma non sostituire!) alla classificazione delle generazioni che abbiamo visto prima, il nuovo concetto di perennials, termine coniato nel 2016 dall’imprenditrice americana Gina Pell in un articolo su The What.
I perenni, in italiano, sono un’unica categoria trasversale che supera i concetti di tempo ed età e rappresenta più uno stato mentale. Sono, secondo Gina Pell le “persone curiose, sempre in fiore e consapevoli di cosa accade intorno. Al passo con la tecnologia e circondati da amici di ogni età”.
In altre parole, i perenni sono tutti coloro che – indipendentemente dalla data di nascita e dal passare del tempo – cercano di mantenersi attivi, vivaci, curiosi, in forma sia fisicamente sia mentalmente.
A mio avviso è proprio nella sovrapposizione dei concetti di generazione e perennials che le aziende possono trovare la chiave del successo nella gestione dei propri dipendenti. Cioè sapere da un lato che ci si trova di fronte ad una varietà di visioni, saperi, linguaggi e sistemi di valori: nessuno giusto o sbagliato, solo diversi. E questo è ricchezza. E dall’altro lato avere la consapevolezza della presenza di un substrato comune che può fungere da solida base per valorizzare le diversità.
La linea di confine, quindi, tra scontro e incontro generazionale è molto labile e le aziende vincenti saranno quelle che riusciranno ad esaltare i differenti approcci e farli fondere con il fine ultimo di arrivare con successo, tutti insieme, agli obiettivi prefissati.