Il tema delle regole mi affascina in tutta la sua teoria.
Ma per affrontare l’argomento bisogna partire da cosa è una regola. Le definizioni disponibili sono tante, io apprezzo particolarmente per semplicità e incisività quella di Hoepli – grandi dizionari online che recita:
Norma dell’agire che prescrive il modo in cui comportarsi in determinate circostanze
Il primo punto fondamentale è quindi che le regole sono norme: un insieme di disposizioni che si riferiscono ad un certo ambito, conosciute da una cerchia sociale.
Le regole non devono essere per forza scritte, ma possono anche essere consuetudini, usi, abitudini…
È d’obbligo ricordare che le norme si possono distinguere tra giuridiche, sociali, morali e religiose. Le giuridiche sono obbligatorie e il non rispetto porta a sanzioni; le altre, invece, non sono mandatorie e osservarle e seguirle è solo un fatto spontaneo, una scelta individuale. Non per questo sono meno importanti… sono comunque alla base della convivenza tra le persone.
Ora, per meglio spiegare le differenze, fare alcuni esempi aiuterà di sicuro:
Guardando il dettaglio è evidente che queste quattro categorie sono molto diverse tra loro e ognuno darà priorità e valore a ciascuna secondo il proprio pensare e sentire. Così come ognuno seguirà e rispetterà le regole secondo propria coscienza.
In questo articolo mi sta a cuore evidenziare che la propensione ad essere attento alle regole è anche un tratto della personalità lavorativa che si colloca nell’area dello stile di pensiero (sulla tema puoi leggere il mio articolo il valore della personalità nel mondo del lavoro).
Vi sono persone che hanno questo tratto poco presente: sono coloro che – nell’ambito lavorativo – non si sentono vincolati da norme e procedure, non amano la burocrazia e possono infrangere le regole che non trovano rilevanti. Considerano le norme delle indicazioni generali da seguire piuttosto che da rispettare rigidamente. Se ritengono una regola inutile, limitativa o meramente burocratica, sono disposti a non seguirla. Così come se trovano una strada più semplice, più agevole, più veloce per svolgere un incarico, la seguono senza preoccuparsi di disattendere qualche regola.
All’opposto ci sono coloro che hanno uno sviluppato tratto di attenzione alle regole. Sono persone che seguono le norme e preferiscono avere chiare indicazioni da seguire. Per gli “attenti alle regole” queste servono per mantenere le prestazioni a livelli costanti, con standard qualitativi regolari e sicuri. Tendono a seguire le norme anche se sono complesse e tortuose piuttosto che non osservarle anche a favore di approcci più semplici e pratici. In questo senso a volte possono trovarsi non a proprio agio di fronte a situazioni inconsuete e tendere quindi a ricercare supporto e indicazioni su come muoversi dai propri superiori.
Tra i due estremi indicati, ovviamente, ci sono persone con livelli intermedi, che possono – ad esempio – rispettare le regole di norma, ma adottare approcci diversificati nel caso lo ritengano opportuno. O ancora, prudentemente propensi a violare le regole in caso di necessità, o cautamente disposti a non osservare qualche norma, se non compromette la propria attività.
Alcune analisi riportano che statisticamente sembra esserci una differenza di approccio a seconda del genere: il femminile ha tendenzialmente una maggior propensione all’attenzione alle regole rispetto al maschile. Analogamente il tratto pare rafforzarsi con l’aumentare dell’età.
Immagino che a questo punto ciascuno stia cercando di stabilire il proprio livello di attenzione alle regole. Perché se è vero che di getto alla domanda “tu sei attento alle regole? Le segui, le rispetti?” è istintivo confermare sì, sì e ancora sì, riflettendoci con calma e con gli elementi fin qui raccolti, potrebbe sorgere qualche dubbio. Per fortuna.
Come dico sempre – chi mi segue lo sa bene – nel limite dell’ammissibile non esistono caratteristiche giuste o sbagliate. Si è solo diversi e questo vale anche per il tratto di personalità attento alle regole nel mondo del lavoro.
… era il febbraio del 2020 e circolavano le prime notizie di un’infezione pericolosa, violenta, con esiti spesso fatali che si stava diffondendo nella lontana città di Wuhan – in Cina. In un ospedale in provincia di Lodi arriva un ragazzo giovane, di buona salute, uno sportivo, con una strana polmonite bilaterale che non risponde alle normali cure antibiotiche. Due dottoresse di questo ospedale di provincia, a Codogno, spinte dalla volontà di capire cosa ha colpito il paziente, decidono di violare i protocolli ed effettuano un tampone molecolare grazie al quale viene diagnosticato il primo caso di Covid in Italia. Il seguito è ben noto a tutti.