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AI come nuovo fattore di produzione

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1.  Equilibrio tra capitale e lavoro

Come già ampiamente affermato, con il termine Intelligenza Artificiale è possibile indicare l’abilità delle macchine di emulare il comportamento umano oppure la capacità di un oggetto di raggiungere obiettivi in un ambiente complesso. Quindi, questa definizione porta a chiedersi cosa accadrebbe nel caso in cui l’IA permettesse di automatizzare un numero sempre maggiore di attività svolte finora dall’essere umano. Tale evento, avrebbe effetti sul tasso di crescita e sulla quota dei profitti sia nel settore della produzione dei beni sia in quello dell’erogazione dei servizi. In altre parole, l’IA potrebbe essere in grado di fornire supporto nella risoluzione di problemi complessi portando a risparmiare tempo e denaro. Inoltre, faciliterebbe l’apprendimento e l’imitazione delle tecnologie tra le imprese impattando anche sulla competitività interna di un settore.

Accanto a tutte queste positività, tali cambiamenti nascondono anche delle ombre. Va detto che ognirivoluzione porta con sé la difficoltà di adeguarsi a un nuovo corso e ai cambiamenti che questo comporta. Lerivoluzioni trasformano (quando non distruggono) interi settori produttivi e modi di lavorare obsoleti. Esistono infatti teorie più pessimistiche secondo cui l’IA farebbe diminuire il valore del lavoro a favore del capitale con inevitabiliripercussioni sull’economia, sulle decisioni di investimento e sul lavoro in generale. È possibile quindi parlare di IA in termini economici, considerando gli output della produzione in un ambiente composto da attività automatizzate.

È ampiamente dimostrato che al giorno d’oggi molti tipi di produzione, al fine di sviluppare nuovi output, richiedono il lavoro sinergico di macchinari e manodopera. Seguendo le linee definite della teoria della contrattazione, la ricchezza generata dalla vendita di prodotti e / o servizi viene divisa in accordo al relativo potere contrattuale definito dal contributo di ogni input. Di conseguenza, se la tecnologia (ad esempio attraverso unaumento della produttività) facesse diminuire l’importanza del lavoro umano in un particolare processo produttivo, i proprietari del capitale riuscirebbero a catturare una quota più grande del profitto derivante dalla distribuzione di beni e / o servizi.

In particolare, se con l’avvento dell’IA si arrivasse a sostituire il lavoro, non ci si dovrebbe stupire del fatto che la quota dei profitti guadagnati dai capital owner cresca maggiormente rispetto a quella dei lavoratori. Come evidenza empirica, dalla fine della recessione, la spesa relativa all’equipaggiamento produttivo e ai software è salitaal 26% lasciando invariati gli stipendi. In aggiunta, vi è evidenza anche del fatto che, negli ultimi anni, il capitale stia catturando una quota sempre maggiore nel PIL.

 

2.  L’Intelligenza Artificiale nella funzione di produzione

Per cercare di entrare nel merito di un sistema in cui l’IA svolge un ruolo fondamentale nella produzione di beni e servizi, si provi ad immaginare una funzione di produzione costituita dai due classici fattori di produzione: il capitale e il lavoro. Per lavoro si intende la forza lavoro generata dagli esseri umani impiegati nelle attività di produzione, mentre viene considerato come capitale l’insieme dei macchinari e dei materiali usati per lo svolgimento delle suddette attività. Con l’introduzione dell’IA in questi modelli, quest’ultima può assumere la forma di capitale fisico come robot e macchine intelligenti e, a differenza del capitale convenzionale (come macchinari e strutture fisiche) può effettivamente migliorare nel tempo, grazie alle capacità di autoapprendimento. Quindi, l’IA, nelsenso più ampio del termine, può essere considerata come un nuovo fattore di produzione anche se a volte può rappresentare un mero potenziatore della produttività.

Come si può osservare dalla figura sottostante, e come detto precedentemente, i fattori di produzione tradizionali che guidano la crescita economica sono capitale e lavoro. La crescita si verifica quando lo stock di capitale o il lavoro aumenta o quando viene utilizzato in modo più efficiente. La crescita derivante dalle innovazioni e dai cambiamenti tecnologici nell’economia viene catturata nella produttività totale dei fattori, (Total FactorProductivity o TFP) ovvero la parte residua di output eccedente gli input di lavoro e capitale. L’IA è in grado di replicare le attività lavorative più velocemente e in quantità maggiori e persino eseguire alcuni compiti che vannooltre le capacità digli esseri umani. Per non parlare del fatto che in alcune aree ha la capacità di impararepiù velocemente degli umani. Ad esempio, utilizzando gli assistenti virtuali, 1.000 documenti legali possono essere esaminati in pochi giorni invece di assumere tre persone per sei mesi.

 

Figura 1 – Fattori di produzione tradizionali e adattati al modello che implementa l’IA [Fonte: Accenture].

 

L’IA, come nuovo fattore di produzione, può guidare la crescita in almeno tre importanti modi. In primo luogo, può creare una nuova forza lavoro virtuale, quella che chiamiamo “automazione intelligente”. In secondo luogo, può integrare e migliorare le capacità della forza lavoro esistente e del capitale fisico. Infine, come altre tecnologie precedenti, può guidare le innovazioni nell’economia. Col passare del tempo, questo diventa un catalizzatore per un’ampia trasformazione strutturale poiché le economie che si basano sugli strumenti forniti dall’IA non solo fanno le cose in modo diverso, ma faranno anche cose diverse.

La letteratura fornisce due teorie su come l’IA impatterà sull’economia mondiale. Queste teorie si basano sul fatto che è possibile affermare che il reddito di un Paese, nel lungo periodo, sia dato dal prodotto tra la variazionedello stock di capitale, la variazione dello stock di lavoro (la manodopera) e la variazione della produttività per unità dilavoro e capitale. Queste sono essenzialmente riconducibili a “Teoria Ottimistica” e “Teoria Pessimistica”.

 

2.1.  Teoria Ottimistica

La teoria ottimistica sostiene che, come è accaduto in passato per altre scoperte, l’IA possa aumentare la produttività,con una conseguente riduzione del costo di produzione di beni e servizi, facendone aumentare la domanda e facendo aumentare il reddito reale dei consumatori di quei beni e servizi. Questi cambiamenti potrebbero portare alla nascita di opportunità di lavoro finora inimmaginabili conducendo ad un aumento della ricchezza complessiva.

Tra gli ottimisti figurano anzitutto le società di consulenza internazionale come McKinsey (2018), Accenture (2017) e PWC (2018). Nei loro rapporti di ricerca, l’IA è vista come una forza rivoluzionaria, che può incrementare la produttività, generare nuovi consumi e migliorare la diffusione delle innovazioni. McKinsey stima che l’IA sarà responsabile di un aumento del PIL mondiale del 1,2% annuo, il triplo di quanto prodotto dalla robotizzazione duranti gli anni 90’ e il doppio raggiunto grazie alla diffusione dell’informatica negli anni 2000. La produttività, secondo Accenture, salirà del 38% (nei paesi più avanzati dal punto di vista tecnologico, tra cui non c’è l’Italia) entro il 2035, previsione confermata anche da PWC, secondo cui il valore aggiunto prodotto dall’IA entro quell’anno sarà pari a 15,6 trilioni di USD. Tuttavia, gli studi delle società di consulenza hanno una funzione più politica che scientifica. Inoltre, in tutti i casi citati, gli effetti dell’IA sono considerati in termini proiettivi, come scenari probabili o possibili tra 10-15 anni, e pertanto, difficili da sottoporre nel presente a confutazioni (Cappelli 2020).

 

2.2.  Teoria Pessimistica

La teoria pessimistica ritiene che l’affermarsi delle tecnologie AI-based ridurrà il valore economico del lavoro umano,relativamente al capitale, riducendo l’occupazione a livello aggregato, il reddito delle famiglie e ampliando ledisuguaglianze;

La teoria pessimistica è ad esempio sostenuta da Gordon (2018) che, comparando i dati sulla produttività nel settore manifatturiero tra i paesi OCSE, sostiene che l’IA confermi in pieno il paradosso della produttività secondo la quale, a dispetto delle aspettative e di quanto successo in passato, l’IA non avrebbe la capacità di incidere in maniera significativa sulla produttività. Lo dimostrerebbe il fatto che nell’ultimo decennio considerato nello studio (2006-2016) la produttività, e cioè il valore aggiunto prodotto per lavoratore, sarebbe complessivamente stata inferiore nel settore manifatturiero rispetto a quello precedente. L’Intelligenza artificiale, secondo questa prospettiva, avrebbe già esaurito il suo apporto e le applicazioni credibilmente attuabili nel futuro potranno portare a miglioramenti marginali di produttività, almeno nel medio periodo.

Speculare a questa prospettiva riduzionista, si può annoverare quella che ritiene molto più tangibili gli effetti dell’IA sulla compressione di domanda e retribuzione del lavoro (Acemoglu e Restrepo 2018). L’IA, in quanto tecnologia di automazione, espande l’insieme dei compiti all’interno del processo di produzione che può essere eseguito dal capitale anziché dal lavoro. Questo produrrebbe un progressivo effetto sostituzione non più sul lavoro manuale, ma anche su quote importanti di quello cognitivo legato a mansioni ripetitive.

L’effetto sostituzione attiverebbe una spirale di riduzione dell’offerta di lavoro e di abbassamento dei salari, a cui seguirebbe – in assenza di politiche tese a governare questo effetto strutturale – anche una crisi nell’accesso ai consumi. L’aumento di produttività coinciderebbe, pertanto, con un disaccoppiamento tra accumulazione di capitale e aumento della redditività del lavoro. Anche in questo caso, si tratta comunque di previsioni: Frey (2013:2020) valuta, entro il 2050, l’effetto sostituzione dell’IA fino al 40% dell’attuale forza lavoro, mentre stime più prudenti, ma anche più ufficiali come quelle di OCSE, calcolano il potenziale di sostituzione dell’automazione indotta da IA nel 14% nei prossimi dieci anni.

 

3               I punti deboli delle previsioni sul futuro di IA e produttività

I punti deboli sia della “Teoria Ottimistica” che della “Teoria Pessimistica” sono piuttosto lapalissiani. Il paradosso della produttività palesa un aspetto indubbiamente importante, e cioè che i discorsi sull’IA, come su tante altre next big thing tecnologiche, sono avvolti da una pesante coltre di determinismo e soluzionismo tecnologico. Tuttavia, la produttività non è semplicemente il risultato dell’interazione tra fattori produttivi, ma è fortemente legata a variabili di contesto. Una di queste è, per esempio, la diseguaglianza.

Nel valutare la produttività, spesso si guarda a interi comparti economici, ma la capacità di utilizzare l’IA appartiene ancora a pochi e non è escluso che sia proprio una scarsa redistribuzione della tecnologia (Schwellnsu et al 2018), correlata a modelli di finanziamento dell’innovazione venture con dinamica “chi vince prende il massimo”, a produrre accelerazioni eccessive, posizioni anticoncorrenziali, mismatch di competenze.

Inoltre, dare per scontato che l’IA sia arrivata già al suo hype implementativo è un azzardo. La performatività del deep learning ad apprendimento auto-revisionato è nella sua fase incipiente, specie se rapportato alle opportunità offerte dalle NGN (Brynjolfsson, Rock e Syverson, 2017).

Anche le teorie sull’effetto sostituzione tendono a dare per scontato che l’IA sia così efficiente da riuscire a sostituire in maniera completa il lavoratore umano, o ancora, che l’IA sia essenzialmente una tecnologia di automazione, quando invece i suoi più recenti sviluppi la dirigono verso altre qualità (Naudé 2019), ad esempio il riconoscimento, la traduzione, il movimento.

Gli studi che hanno portato ad alcune evidenze empiriche si sono concentrati prevalentemente nel settore manifatturiero (e quindi su IA come tecnologia di automazione) e quasi esclusivamente nel contesto produttivo statunitense (McElheran 2018; Felten et al 2019). Questi studi non supportano l’idea di un impatto significativo dell’IA per la riduzione della domanda di lavoro o per la crescita dei salari, mettendo anzi in evidenza la presenza di una tendenza alla crescita delle retribuzioni a partire dai lavori più qualificati.

Altri studi, come quello di Fossen e Sorgner (2019) che hanno osservato il potenziale effetto sostituzione a livello individuale tramite survey rivolta a imprenditori e lavoratori, hanno rilevato che l’esposizione ai progressi dell’IA sarebbe associata ad una maggiore stabilità del lavoro e ad una crescita dei salari, prospettando, almeno fino ad adesso, un uso dell’IA che va a integrare, più che a sostituire, il lavoro umano.

Ad una evidenza parzialmente diversa arrivano Acemoglu et al (2020) esaminando i cambiamenti negli annunci di lavoro negli USA tra il 2010 e 2018 nei settori con maggiore esposizione all’IA si riscontrerebbe un lieve incremento della domanda di lavori meno soggetti ad automazione, e una contestuale riduzione di quelli più facilmente affidabili a macchine intelligenti. Tuttavia, i numeri di questi studi sono ancora troppo bassi per autorizzare altro se non delle ipotesi di ricerca.

 

Bibliografia

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