Gli effetti del 5G sulla salute

Gli effetti del 5G sulla salute

Ma che cos’è questo welfare?
Ma che cos’è questo welfare?
10 Febbraio 2021
La fabbrica di spilli di Adam Smith
17 Febbraio 2021
Gli effetti del 5G sulla salute

Le frequenze utilizzate dal 5G

Dal punto di vista elettromagnetico il 5G non è diverso dalle altre generazioni di sistemi cellulari, in particolare tutti quelli dal 2G al 4G.

Attualmente, le bande di frequenza utilizzate vanno da 800 MHz a 2,6 GHz. Alla tecnologia 5G, con gara del Ministero dello Sviluppo Economico, sono state assegnate le bande di frequenza di 700 MHz, 3,7 GHz e 27 GHz. Le prime due sono praticamente uguali a quelle degli altri sistemi cellulari.

La banda di frequenza di 3,7 GHz è più bassa dei 5 GHz utilizzati dalle reti Wi-Fi domestiche.

I 700 MHz saranno invece utilizzati solo a partire dal luglio 2022 perché, fino ad allora, saranno riservati al servizio radiotelevisivo. Con queste due bande di frequenza si realizzerà la maggior parte della copertura alle aree urbane ed extraurbane.

I 27 GHz, leggermente al di sotto della banda di frequenze indicata con il nome di onde millimetriche, come visto nel nostro articolo 5G: Dalle macrocelle alle femtocelle, saranno destinati alla copertura di aree di estensione ridotta e con elevata densità di utenza.

Ci riferiamo cioè ad aree limitate all’interno di aree più ampie, spazi interni a centri commerciali, sale di attesa di stazioni e aeroporti. Per la limitata estensione spaziale dell’area coperta, le potenze emesse da tali sistemi saranno particolarmente contenute.

Gli effetti del 5G sulla salute

Il 5G, come tutti i sistemi di telecomunicazioni radio, funziona mediante onde elettromagnetiche che si propagano nello spazio, nello specifico, come visto nel nostro articolo Reti geografiche wireless: Organizzazione della rete cellulare, tra una stazione radio base e il terminale mobile utente.

Le frequenze delle onde elettromagnetiche usate dal 5G, come spiegato nel precedente paragrafo, sono del tutto analoghe a quelle impiegate dagli altri sistemi cellulari e dai sistemi Wi-Fi.

Gli effetti dei campi elettromagnetici sull’uomo vengono studiati da diverse decine di anni e i risultati della ricerca scientifica hanno evidenziato che gli effetti sulla salute umana dei campi elettromagnetici a radiofrequenza che siano stati accertati dalla ricerca scientifica sono gli effetti a breve termine, di natura termica, dovuti a meccanismi di interazione tra i campi e gli organismi biologici ben compresi.

L’energia trasportata da un’onda elettromagnetica incidente sul corpo umano viene in parte riflessa, in parte assorbita ed in parte trasmessa dal corpo stesso.

L’energia elettromagnetica assorbita dai tessuti del corpo umano viene convertita in calore provocando quindi un aumento della temperatura del corpo, generalizzato o localizzato a seconda delle modalità di esposizione. L’entità di tale aumento di temperatura dipende dai meccanismi di termoregolazione corporea quali l’aumento della circolazione sanguigna, la sudorazione o la respirazione accelerata. Queste reazioni biologiche rallentano il processo di riscaldamento e limitano la temperatura a cui si stabilisce l’equilibrio termico. L’organismo può tollerare aumenti di temperatura inferiori a 1°C, soglia al di sotto della quale non si verificano pertanto effetti di danno per la salute.

Gli standard internazionali di protezione definiscono limiti di esposizione ai campi elettromagnetici il cui rispetto garantisce, grazie anche all’introduzione di opportuni fattori di riduzione, che la soglia degli effetti termici non venga superata¹. Tali standard sono stati recepiti da vari Paesi nel mondo e parzialmente anche in Italia dove, per i sistemi fissi per le telecomunicazioni e radiotelevisivi, sono previsti limiti di esposizione (da rispettare sempre) e valori di attenzione (da rispettare nei luoghi adibiti a permanenze prolungate dei soggetti della popolazione) più restrittivi dei limiti internazionali in quanto finalizzati alla tutela della salute anche da eventuali effetti a lungo termine².

Due recenti studi sperimentali su ratti e topi da laboratorio condotti dal National Toxicology Program (NTP) negli USA³ e dall’Istituto Ramazzini in Italia⁴ forniscono invece qualche evidenza a supporto dell’ipotesi di cancerogenicità dei campi elettromagnetici a radiofrequenza, pur se con alcune limitazioni e difficoltà interpretative.

Entrambi gli studi evidenziano un incremento di un particolare tipo di neoplasia (schwannoma cardiaco) tra gli animali esposti rispetto ai non esposti, mentre non viene evidenziato alcun eccesso per quanto riguarda i numerosi altri tipi di tumore esaminati.

Inoltre, gli incrementi osservati sono numericamente piccoli e sono inaspettatamente limitati ad un sesso e ad una specie: ad esempio, gli incrementi di schwannomi cardiaci nello studio USA sono stati osservati solo nei ratti maschi (con 5 casi e 6 casi nelle categorie più elevate di esposizione a campi con modulazione GSM e CDMA, rispettivamente, contro 0 casi nei gruppi di controllo), ma non nei ratti femmina, né nei topi di entrambi i sessi.

I risultati di questi studi sono diversi da quelli derivanti dalla maggior parte degli oltre 50 studi su animali da laboratorio in cui è stata valutata la cancerogenicità dei campi elettromagnetici senza osservare effetti.

Inoltre, in questi due studi, l’incremento d’incidenza di schwannomi cardiaci è stato osservato in corrispondenza di livelli di esposizione molto diversi tra loro: 6 W/kg in termini di SAR (potenza elettromagnetica assorbita per unità di massa) nello studio dell’NTP, a fronte di 0,1 W/kg nello studio dell’Istituto Ramazzini.

Il livello di esposizione di 6 W/kg, in corrispondenza del quale sono stati osservati effetti nello studio dell’NTP, è superiore ai livelli permessi per l’esposizione degli utilizzatori di telefoni cellulari che per legge non possono superare un SAR di 2 W/kg.

Inoltre, i valori di SAR riportati nello studio dell’NTP si riferivano all’esposizione di tutto il corpo degli animali, mentre il limite di SAR per i telefoni cellulari si riferisce ad esposizioni localizzate alle aree della testa prossime al telefono cellulare durante le chiamate vocali. Trattandosi di un’elevata esposizione di tutto il corpo, e non solo della testa degli animali, non è da escludere che gli effetti riportati dallo studio dell’NTP siano dovuti ad aumenti di temperatura sistemica e locale che non possono verificarsi negli utilizzatori di telefoni cellulari.

Questi due nuovi studi forniscono dunque evidenze sicuramente importanti, ma presentano anche aspetti poco chiari e risultati non coerenti tra loro e con i risultati di molti altri studi sperimentali sulla cancerogenicità dei campi a radiofrequenza.

Questi due studi non sembrano pertanto modificare in modo sostanziale il quadro d’insieme delle evidenze scientifiche riguardo al potenziale rischio cancerogeno da esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (in particolare i campi emessi dai telefoni cellulari), né ridurre le incertezze che tuttora sussistono su questa problematica. Le evidenze fornite da questi studi possono tuttavia fornire indicazioni per ulteriori ricerche al riguardo.

Tali considerazioni valgono anche per l’ulteriore banda impiegata dal 5G, centrata sulla frequenza di 27 GHz che, pur essendo di nuova applicazione per il sistema di telefonia mobile, è comunque già stata oggetto di studio.

L’Istituto Superiore di Sanità⁵ dichiara infatti che:

“[…] In realtà sono stati già condotti alcuni studi sulle onde a qualche decina di GHz (più vicine alle frequenze di circa 27 GHz). Inoltre, quelle usate dal 5G appartengono comunque all’intervallo delle radiofrequenze, i cui meccanismi di interazione con il corpo umano sono ben compresi, e i limiti di esposizione internazionali (e a maggior ragione i più cautelativi limiti italiani) consentono di prevenire totalmente gli effetti noti dei campi elettromagnetici anche a queste frequenze. […]”.

I limiti internazionali a cui fa riferimento l’estratto del documento dell’ISS sono quelli suggeriti dall’ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection), organismo riconosciuto ufficialmente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Organizzazione Internazionale per il Lavoro (ILO).

L’ICNIRP nel 1998 emanò le prime linee guida⁶ con le quali suggeriva agli Stati Membri dell’Unione Europea i limiti da adottare per proteggere la popolazione e i lavoratori dagli effetti noti di riscaldamento. L’intervallo di frequenze preso in considerazione nelle linee guida arriva fino a 300 GHz, ed in esso quindi rientra anche la banda dei 27 GHz, l’unica vera innovazione in termini elettromagnetici introdotta dal sistema 5G.

È quantomai opportuno evidenziare che l’ICNIRP ha applicato un approccio estremamente cautelativo nei confronti dei campi elettromagnetici. Infatti, i limiti suggeriti nelle linee guida sono determinati tenendo conto di un fattore di sicurezza pari a circa 50. Ciò vuol dire che gli effetti di riscaldamento diventano intollerabili e potenzialmente pericolosi per l’uomo quando i valori di esposizione sono circa 50 volte maggiore dei limiti suggeriti.

A marzo 2020 l’ICNIRP ha pubblicato un aggiornamento delle linee guida⁷. Il nuovo documento, al di là di alcune variazioni tecniche⁸, conferma sostanzialmente quanto riportato nelle linee guida del 1998, a riprova del fatto che ulteriori 22 anni di ricerca scientifica non hanno evidenziato effetti dell’esposizione al campo elettro- magnetico tali di richiedere una revisione al ribasso dei limiti di esposizione.

I limiti di esposizione in Italia

L’Italia, già con il D.M. 381/98⁹, ha applicato un ulteriore fattore di cautela rispetto a quanto suggerito dall’Europa, abbassando il livello massimo a cui si può essere sottoposti nelle proprie abitazioni a 6 V/m, rispetto ai 61 V/m equivalenti che ad esempio l’Europa ritiene cautelativi per l’esposizione alla frequenza del 3,7 GHz del 5G.

Tali valori sono poi stati confermati nel D.P.C.M. 8/7/2003¹º, attuativo della Legge 36 del 22 febbraio 2001¹¹º  ², con il preciso intento di applicare il principio di precauzione ai fini della maggiore protezione dagli effetti di lungo periodo dei campi elettromagnetici sull’uomo. Infatti, l’art. 1, comma 1, lettera b dichiara esplicitamente, fra le finalità della legge:

“promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del trattato istitutivo dell’Unione Europea”.

È evidente, perciò, che il D.P.C.M. 8/7/2003, che della Legge 36/2001 è uno dei decreti attuativi, contiene limiti che inerentemente si ispirano al principio di precauzione.

Più nello specifico, nel D.P.C.M. 8/7/2003 vengono indicati i valori limite di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità. I limiti di esposizione sono quei valori, calcolati come media su 6 minuti, che non possono essere superati in alcuna situazione.

I valori di attenzione valgono in tutti gli ambienti destinati a permanenza prolungata (come le abitazioni e le pertinenze esterne, ma anche quegli ambienti di particolare valenza sociale come parchi e giardini pubblici, scuole, ospedali, cliniche); gli obiettivi di qualità, coincidenti numericamente con i valori di attenzione, sono i valori a cui tendere ai fini della progressiva minimizzazione dei livelli di esposizione della popolazione.

Valori di attenzione e obiettivi di qualità corrispondono ai 6 V/m già indicati in precedenza. Il valore di esposizione da confrontare con questo limite è calcolato come media sulle 24 ore, ai sensi dell’art. 14, comma 8, lettera b) del D.L. 179/2012¹²  , convertito con modificazioni nella Legge 221/2012¹³.

I limiti di esposizione negli altri paesi UE

A fine 2020, dei 27 Stati Membri dell’Unione Europea, 22 applicano i limiti suggeriti dall’ICNIRP, senza le restrizioni che invece sono applicate in Belgio, Bulgaria, Croazia, Grecia e Italia dove i valori di riferimento per l’esposizione sono più bassi.

In particolare, l’Italia fin dal 1998 ha posto il limite a 6 V/m risultando, ad oggi, il Paese con i limiti di esposizione più bassi insieme alla Bulgaria.

 

¹ International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP), “Guidelines for limiting exposure to time-varying electric, magnetic and electromagnetic fields (up to 300 GHz)”. Health Phys. 1998 Apr; 74(4):494-522. ² D.P.C.M. 8 luglio 2003, “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”.

³ National Toxicology Program, U.S. Department of Health and Human Services, “Cell Phone Radio Frequency Radiation”, 2018. https://ntp.niehs.nih.gov/results/areas/cellphones/index.html#studies

⁴ Falcioni L et al., “Report of final results regarding brain and heart tumors in Sprague-Dawley rats exposed from prenatal life until natural death to mobile phone radiofrequency field representative of a 1.8 GHz GSM base station environmental emission”, Environ Res. 2018 Aug;165:496-503.

⁵ ISS, “Emissioni elettromagnetiche del 5G e rischi per la salute”, Alessandro Polichetti, https://tinyurl.com/yc9jwy6h .

⁶ Guidelines for Limiting Exposure to Time-varying Electric, Magnetic, and Electromagnetic Fields (up to 300 GHz). Health Physics 74: 494-522 (1998).

⁷ ICNIRP Guidelines for Limiting Exposure to Electromagnetic Fields (100 kHz to 300 GHz). Health Physics 118(5): 483–524 (2020).

⁸ Per frequenze superiori a 2 GHz non viene più indicato, come grandezza da misurare, il livello di campo elettrico ma la densità di potenza assorbita. Inoltre, l’intervallo sui cui valutare la media dei livelli di esposizione da confronta- re con i limiti non è più di 6 minuti ma di 30 minuti.

⁹ Decreto Ministeriale n. 381 del 10/09/1998 “Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radio- frequenza compatibili con la salute umana.” (G.U. n. 257 del 3/11/1998)

¹º  D.P.C.M. 8 luglio 2003 “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz.” (G.U. n. 199 del 28/08/2003).

¹¹ Legge 36/2001 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” (G.U. n. 55 del 7/03/2001).

¹² D.L. 179/2012 “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese.” (G.U. n. 245 del 19/10/2012, S.O. n. 194).

¹³ Legge 221/2021 “Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (G.U. n. 294 del 18/12/2012, S.O. n. 208)

Condividi su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

EnglishFrenchGermanItalianRussianSpanish