Innovazione: Cosa abbiamo imparato dalla bolla delle dotcom?

Innovazione: Cosa abbiamo imparato dalla bolla delle dotcom?

DevOps: Il Lean
20 Aprile 2021
Optical fibre production: Direct spinning
23 Aprile 2021
Innovazione: Cosa abbiamo imparato dalla bolla delle dotcom?

La storia

Secondo l’accademica definizione di impresa, le attività di business esistono per fare denaro, non per perderlo. È ovvio? Non lo era per molti alla fine degli anni Novanta, quando nessuna perdita era troppo grande da non poter essere considerata come un ottimo investimento.

Nella New Economy degli anni Novanta il numero di visualizzazioni di una pagina web era considerato un parametro finanziario più autorevole dell’EBIDA.

La New Economy degli anni Novanta si può considerare una grande bolla paragonabile solo a quella che portò alla crisi del 1929. Il retaggio di questa bolla senz’altro condiziona e distorce ciò che pensiamo riguardo alla tecnologia oggi. Per innovare dobbiamo quindi discussione quello che pensiamo di avere imparato dal passato.

Gli anni Novanta si aprirono sull’onda dell’euforia seguita alla caduta del muro di Berlino avvenuta il 9 novembre 1989. Purtroppo, a metà del 1990 ed incurante di questo entusiasmo, l’economia statunitense era in recessione. Tecnicamente la discesa della borsa terminò nel marzo del 1991, ma il recupero fu lento e la disoccupazione continuò a crescere fino a luglio 1992. Il periodo dal 1992 a tutto il 1994 fu un momento diffusamente difficile che vide la crisi del manifatturiero ed un lento spostamento verso un’economia dei servizi.

Sembrava che il Giappone fosse leader nel mondo dei semiconduttori e la Silicon Valley americana non era ancora quella di oggi. Internet non aveva ancora preso il volo, in parte perché il suo uso La diffusione di internet, fino alla fine del 1992, era ancora assai limitata anche per la mancanza di un browser che fosse semplice da utilizzare.

Il browser Mosaic, sviluppato presso il National Center for Supercomputing Applications (NCSA) dell’Università dell’Illinois e così chiamato per il suo supporto di molteplici protocolli Internet, fu rilasciato

ufficialmente nel novembre 1993, donando all’utente consumer la possibilità di accedere ad Internet in modo semplice. Mosaic divenne Netscape Navigator verso la fine del 1994. L’utilizzo di Navigator crebbe da circa il 20% del mercato dei browser nel gennaio 1995 fino a quasi l’80% di fine 1996. Fu così che Netscape lanciò la sua IPO nell’agosto del 1995, sebbene non fosse ancora in grado di generare profitto. Nell’arco di cinque mesi, il valore azionario di Netscape era passato da 28 a 147 dollari per azione.

Anche altre società IT stavano crescendo esponenzialmente. Yahoo!, fondata da Jerry Yang e David Filo nel gennaio 1994, debuttò in Borsa nell’aprile del 1996 con una valutazione di 848 milioni di dollari. Amazon, fondata da Jeff Bezos nel 1994, seguì nel maggio del 1997 a 438 milioni. Nella primavera del 1998 il valore azionario di entrambe le società era più che quadruplicato.

Nel luglio 1997 crollò l’economia di Tailandia, Indonesia e Corea del Sud. Nell’agosto del 1998 seguì la crisi del rublo, quando la Russia svalutò la sua moneta e andò in default.

L’indice Down Jones Industrial Average precipitò di oltre il 10% in pochi giorni. La crisi del rublo avviò una reazione a catena che fece crollare Long-Term Capital Management (LTCM), un hedge fund americano fondato nel 1994 da John Meriwether. Nel 1998 LTCM perse 4,6 miliardi di dollari in meno di quattro mesi. La FED intervenne con una massiccia operazione di salvataggio e abbatté i tassi di interesse per prevenire un disastro sistemico.

Nel frattempo, in Europa, nel gennaio 1999 aveva luogo l’esordio dell’euro che salì a 1,19 dollari al suo primo giorno di contrattazioni, ma nell’arco di due anni scese a 0,83. A metà del 2000 le banche centrali dei paesi del G7 dovettero sostenerlo con un intervento massiccio.

Quindi, il contesto in cui si sviluppò, a partire dal settembre 1998, la New Economy, era una Old Economy in stallo. Internet sembrava essere la via d’uscita.

Si scatenò quindi una caccia alle opportunità guidata da una disponibilità di denaro sul mercato che innescò una bolla durata da settembre 1998 a marzo 2000.

“La pazzia è rara negli individui, ma nei gruppi, nei partiti, nei popoli, nelle epoche è la regola”

Friedrich Nietzsche

Osservava Rinaldo Gianola su Repubblica, il 31 gennaio 1999, che:

“Nella campagna di Natale, circa un mese, Amazon ha realizzato un fatturato superiore a quello dell’intero 1997. A fine 1998, secondo le informazioni depositate alla Sec, l’Autorità di controllo di Wall Street, questa libreria poteva contare su 6,2 milioni di clienti, contro 1,5 milioni a fine ’97. Il paradosso di Amazon nasce dal fatto che, così come tutti i titoli azionari legati in qualche modo al fenomeno Internet, i risultati economici continuano ad essere negativi, anzi per stessa ammissione degli amministratori resteranno ancora per anni in “rosso”, ma gli investitori e la Borsa li premiano in misura talmente vistosa da apparire irrazionale”.

Le iniziative imprenditoriali che sembravano di maggior successo perdevano denaro a mano a mano che crescevano.

Ancora Gianola:

“In meno di due anni Amazon ha raggiunto una capitalizzazione, cioè un valore di Borsa, pari a 20 miliardi di dollari, circa 34mila miliardi di lire. La giovane impresa che vende libri, e ora anche dischi, sulla rete Internet vale quindi più di aristocratiche e famose società americane, come la compagnia petrolifera Texaco. Secondo gli analisti una società con 20 miliardi di dollari di capitalizzazione dovrebbe realizzare almeno un miliardo di dollari di profitti netti all’ anno. E invece Amazon è in perdita, non distribuisce dividendi e non fa previsioni su quando conquisterà il punto di pareggio dei conti”.

I retaggi della storia

A metà del marzo 2000 il NASDAQ raggiunse il picco di 5.048 punti per poi crollare a 3.322 alla metà di aprile. A ottobre del 2002 il NASDAQ raggiunse il punto più basso a 1.114 punti.

“La globalizzazione sostituì la tecnologia come speranza per il futuro”

–  Peter Thiel¹ –

Dopo la bolla di internet, gli investitori tornarono al mercato immobiliare e si rivolsero, all’insegna della globalizzazione a Brasile, Russia, India e Cina. Il risultato fu un’altra bolla, questa volta nel mercato immobiliare, questa un’altra storia….

Gli imprenditori comunque impararono dal crollo delle dotcom quattro lezioni fondamentali che ancora oggi influenzano il modo di pensare al business:

1 Avanzare a piccoli passi

Le visioni grandiose contribuirono a gonfiare la bolla delle dotcom, quindi bisogno tenersi alla larga dal ripetere questo errore. Il ritenere di essere in grado di fare qualcosa di eccessivamente grande è pericoloso. Cambiare il mondo con innovazioni repentine non è possibile ma, progredire secondo la logica dei piccoli passi è l’unica modalità sicura di procedere.

2 Restare snelli e flessibili

Tutte le organizzazioni devono essere snelle. Ciò spesso significa non pianificate nell’evoluzione del business. La pianificazione non è vista come qualcosa di buono, perlomeno non buono quanto l’attitudine a sperimentare iterativamente.

3 Prosperare sulla concorrenza

Creare prematuramente un nuovo mercato non è ritenuta una cosa buona. Il business deve crescere partendo da un cliente già esistente, in modo da costruire il business migliorando prodotti già riconoscibili e già offerti da concorrenti di successo.

4 Concentrarsi sul prodotto, non sulle vendite

Se il vostro prodotto ha bisogno di marketing o di una rete commerciale, non è sufficientemente buono. La tecnologia deve riguardare prima di tutto lo sviluppo di prodotto. La pubblicità dell’era della bolla è pleonastica, quindi l’unica crescita sostenibile è quella virale.

Queste quattro lezioni hanno letteralmente condizionato il mondo delle startup degli ultimi due decenni. È corretto riferirsi a questi quattro dogmi?

 

Come invece dovremmo porci

Secondo Peter Thiel, nel suo Da zero a uno, sono probabilmente i principi opposti ad essere più corretti.

Per costruire la nuova generazione di imprese dobbiamo abbandonare i dogmi creati dopo il collasso

– Thiel –

 

1 È meglio rischiare di essere imprudenti che insignificanti

Se vuoi qualcosa di nuovo, devi smettere di fare qualcosa di vecchio” abbiamo citato nel nostro articolo Le dimensioni dell’innovazione. Sia che si tratti di innovazione verticale, sia che si tratti di innovazione orizzontale, dobbiamo puntare in alto. Nei corsi di management si ripete però che l’elefante si mangia a fette.

Quindi dobbiamo certamente puntare in alto, ma poniamoci nella nostra roadmap evolutiva degli step intermedi da raggiungere e sui quali creare valore. Il time to market è importante!

2 Un pessimo piano è meglio di nessun piano

Abbiamo parlato, in Stili di leadership: il leader autorevole e in Carriera: Diventa una certezza!, di quanto conta la vision e quanto conti comunicarla a coloro che ci circondano. Alla vision deve seguire un piano. Un piano che potrà essere rivisto e corretto, ne abbiamo parlato in Abbi il coraggio di sbagliare!, ma un pessimo piano è comunque meglio di nessun piano. E ciò vale per la redazione del business plan, come per l’engagement delle persone che con noi collaborano al progetto.

3 I mercati competitivi distruggono i profitti

La strategia Blue Ocean, della quale abbiamo parlato nel nostro articolo La Blue Ocean Strategy di Kim e Mauborgne, è vincente. Più un mercato è maturo e ricco di competitor, più è difficile smarcarsi dalla concorrenza replicando un servizio o un prodotto già esistente. Differenziatevi e fate percepire la differenza rispetto agli altri con la giusta strategia di marketing.

4 Le vendite contano tanto quanto il prodotto

Il prodotto fa molto, ma non è tutto! Nessun prodotto si vende da sé e nessuna ottima idea imprenditoriale diventa una storia di successo se non sa uscire dal gruppo di lavoro che l’ha creato. Quindi l’idea romantica che un gruppo di nerds chiuso in un garage possa assurgere al successo senza confrontarsi con il mercato, non è attuale. Di fatto non lo è stato nemmeno per Facebook o Amazon.

L’innovazione ha sicuramente bisogno di nuova tecnologia ma, forse, abbiamo ancora bisogno di un pizzico della superbia degli anni Novanta.

 

¹ Cofondatore di PayPal e Palantir e finanziatore tra le altre di Facebook, SpaceX e LinkedIn.

Bibliografia:
Condividi su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

EnglishFrenchGermanItalianRussianSpanish