Nel nostro articolo L’arte di comunicare secondo Cicerone abbiamo visto come non vi sia nulla di più nobile che possedere l’abilità di catturare l’attenzione delle persone con la parola, ma per parlare di un argomento bisogna conoscerlo.
Abbiamo visto come l’arte oratoria sia composta da cinque parti: l’invenzione, la disposizione, l’elocuzione, la memoria e la declamazione. Parleremo oggi dell’invenzione.L’oratore è colui che deve eccellere nella orazione, ossia nel discorso, mentre le altre qualità possono essere meno evidenti. Il nome non deriva dalla capacità di trovare gli argomenti, né da quella di organizzarli nel testo, e neppure dall’atto della declamazione, ma esprime colui che possiede un plenum di queste capacità.
La qualità più specifica di un buon oratore consiste proprio nell’individuare quali cose devono essere rappresentate per sostenere una tesi e in quale ordine rappresentarle.
Perfino in quei frangenti nei quali gli argomenti che ci appaiono validi e convincenti sono molti, è comunque opportuno riconoscere tra di essi quelli più deboli ed eliminarli dal discorso. Nella rassegna degli argomenti non importa quindi la quantità, ma la qualità.
Possiamo convincere i nostri interlocutori in tre modi:
Di queste tre modalità dobbiamo preferirne una sola: dobbiamo dare l’impressione di voler esclusivamente informare gli interlocutori. Le altre due modalità dovranno semplicemente essere distribuite occultamente lungo l’intero discorso.
I requisiti specifici relativi a quella parte dell’oratoria che abbiamo definito invenzione e di cui tratteremo in questo post, sono tre:
Certamente il primo è il più importante ma, per destare un ingegno poco attivo, serve la volontà. Fra l’ingegno e la volontà, lo spazio che rimane alla competenza tecnica è assai ridotto, poiché si limita a indicarci le fonti alle quali attingere per trovare gli argomenti di cui abbiamo bisogno.
Si rivela senz’altro opportuno disporre di un nutrito repertorio di idee generali cui ricorrere nel corso delle nostre dissertazioni.
Attenzione però sempre al contesto. Un uomo erudito, per quanto abile e sottile nel ragionamento e disinvolto nel parlare, se non avrà anche una certa dimestichezza con le consuetudini, i modelli, le istituzioni, i comportamenti e i valori del contesto in cui vive ed opera, non potrà avvalersi in modo efficace di quei luoghi comuni dai quali si possono trarre idee e argomentazioni. Un buon oratore farà in modo di conoscere questi repertori e di utilizzarli in modo appropriato. Senza però abusarne ovviamente.
In un discorso persuasivo è opportuno basarsi su ciò che vi è di buono nella tesi medesima, abbellendolo ed ampliandolo. È opportuno soffermarsi, indugiare e insistere sugli elementi positivi e, per contro, evitare quelli negativi e sfavorevoli, senza tuttavia dare l’impressione di sfuggire a essi, bensì rendendoli meno evidenti attraverso l’ampliamento e l’abbellimento dei punti di forza.
Se il discorso è più efficace nel confutare la tesi contraria che nel sostenere la nostra, concentreremo in tal senso tutti i nostri sforzi. Se risulta invece più facile rafforzare i propri argomenti che contrastare quelli altrui, tenteremo di distogliere l’attenzione da quelli e di richiamarla sui nostri.
In sintesi, due sono le indicazioni fondamentali da seguire:
L’efficacia di un oratore si potrà valutare unicamente dall’effetto che egli produrrà con le sue parole sull’uditorio. Gli effetti che il bravo oratore dovrà essere capace di suscitare sono sostanzialmente tre:
Di fronte ad un pubblico che non siamo in grado di influenzare, non dovranno essere adottate espressioni infuocate, per non rischiare di risultare ridicoli o fastidiosi.
I sentimenti che dobbiamo suscitare nel nostro pubblico con il nostro discorso sono generalmente: simpatia, odio, rabbia, ostilità, pietà, speranza, gioia, timore o fastidio. La simpatia viene suscitata quando diamo l’impressione di appoggiare in modo giusto qualcosa che è utile a chi ci ascolta, oppure di adoperarci in favore di persone perbene o che tali appaiono al nostro pubblico.
Per accattivarsi il sostegno del nostro pubblico, inoltre, giova di più prospettare un vantaggio futuro che ricordare un beneficio passato. È essenziale, in ogni caso, dimostrare che si stia difendendo l’onore e l’interesse comuni e non meramente particolari.
Se dobbiamo suscitare simpatia nei confronti di qualcuno, dovremo convincere il nostro pubblico che costui non ha mai agito per un guadagno personale o a proprio vantaggio. Le persone guardano infatti con ostilità chi bada solo ai propri interessi, mentre è ben disposta verso chi si preoccupa di agevolare il prossimo.
Allo stesso tempo non dobbiamo eccedere nella difesa e nella lode di colui che stiamo celebrando per i suoi meriti, poiché rischiamo di suscitare invidia nei suoi confronti. Con procedimenti analoghi, ma rovesciati, riusciremo a suscitare antipatia verso qualcuno e a distoglierla da noi o da coloro che stiamo sostenendo.
Le medesime strategie permettono di accendere o placare l’ira. Se infatti accresciamo il peso di un fatto che al nostro interlocutore appare pericoloso o peggio inutile, possiamo suscitare solamente odio.
Di tutte le emozioni umane è, secondo Cicerone, l’invidia quella più forte. È dunque necessaria non meno fatica a reprimere l’invidia che a suscitarla.
Gli uomini provano invidia verso i propri pari o inferiori che si siano elevati, poiché hanno la sensazione di essere stati lasciati indietro. Gli uomini invidiano con forza anche i propri superiori, specialmente quando questi hanno un atteggiamento vessatorio ed oltrepassano la giusta misura, ostentando autorità o successo.
Per suscitare antipatia verso taluni privilegi è sufficiente sottolineare come questi non siano stati ottenuti per meriti, ma grazie a comportamenti poco virtuosi.
Per allontanare l’invidia da qualcuno si deve invece evidenziare come questi abbia raggiunto la propria posizione a prezzo di grande impegno, correndo gravi rischi, ponendosi al servizio degli altri. Si dirà anche che di tale prestigio, peraltro meritato, egli non si è mai compiaciuto ed è pronto a rinunciarvi totalmente.
Secondo Cicerone, l’origine sociale, la bellezza, la forza fisica, il potere, la ricchezza e tutte le altre doti concesse dalla sorte alla persona o al corpo, non hanno in sé ragione di essere lodate. Solo la virtù merita l’elogio.
Virtù che si manifesta in forme diverse, alcune delle quali sono più adatte di altre all’ elogio. Vi sono alcune virtù che rientrano nell’educazione e nella generosità di carattere, altre nelle capacità intellettuali o nella grandezza e forza d’animo.
Negli elogi piace sentire parlare di clemenza, giustizia, benevolenza, lealtà, coraggio di fronte alle sfide comuni. Tutte queste virtù vengono infatti considerate vantaggiose non tanto per coloro che le possiedono quanto per l’intera collettività.
La saggezza, la nobiltà d’animo, rispetto alla quale tutte le cose umane appaiono insignificanti e prive di valore, un certo ingegno nella riflessione e la stessa capacità comunicativa ottengono altrettanta ammirazione, ma minore gradimento. Queste sembrano infatti arricchire e tutelare coloro che le possiedono e che per esse vengono lodati, più di coloro che ascoltano e vengono invitati a condividere la lode.
Poiché a ogni singola virtù appartengono determinati ambiti e doveri, a ciascuna dovrà corrispondere un determinato tipo di lode.
È efficace l’elogio di quelle azioni che risultano intraprese da uomini coraggiosi senza un personale vantaggio o promessa di ricompensa
L’azione vantaggiosa per gli altri ed impegnativa e rischiosa per chi la intraprende, per giunta in modo disinteressato, viene generalmente interpretata come prova di virtù eccezionale.
Non dispiacciono neppure il conseguimento di cariche prestigiose e riconoscimento di virtù particolari le imprese apprezzate dall’opinione pubblica. Dovranno però essere selezionate azioni significative o perché davvero rilevanti o perché inedite e uniche nel loro ambito.
Come è necessario conoscere le virtù per lodare in modo appropriato un uomo per bene, così senza una cognizione dei vizi non può essere biasimato con sufficiente severità e precisione l’uomo disonesto.
L’oratore tutte queste emozioni che vengono considerate dannose nella comune condotta di vita come male da evitare le rende con le sue parole ancora più vive, pungenti e, allo stesso modo, amplifica ed abbellisce quelle cose che al pubblico appaiono desiderabili e auspicabili
È gradevole e spesso molto efficace il ricorso a battute di spirito ed alla comicità. A differenza di altre tecniche che possono essere insegnate, lo spirito e la comicità rientrano nella predisposizione naturale e non richiedono precetti.
Vi sono essenzialmente due modi di utilizzare la comicità:
In generale, sono maggiormente apprezzate le battute che pronunciamo perché indotti a farlo piuttosto che quelle che facciamo per primi. È insomma preferibile dare l impressione che saremmo stati tranquilli se non fossimo stati provocati!
La questione dell’umorismo si può sintetizzare in cinque interrogativi:
Anche quando all’oratore si offra uno spunto estremamente ridicolo, questi deve però evitare che la comicità sia quella dei buffoni.
L’abile oratore, secondo Cicerone, non mira dunque a risultare un saggio in mezzo agli a degli sciocchi. In tal modo, coloro che lo ascoltano lo riterrebbero un saccente oppure, pur ammirandone le doti intellettuali e la saggezza, si infastidirebbero nel passare per ignoranti.
L’oratore deve dunque essere un uomo intelligente, acuto sia per doti naturali che per esperienza, il quale sappia individuare con scaltrezza che cosa e in che modo pensino, sentano, giudichino e desiderino i suoi interlocutori o coloro che gli cerca di persuadere.
Bisogna dunque che un bravo oratore sappia tastare il polso a persone di qualunque genere, età e ceto sociale. Bisogna che l’oratore sappia percepire pensieri e stati d’animo di coloro con i quali dovrà sostenere il confronto.