Ascolta “C’è un problema? Risolviamolo! (ovvero parliamo di Problem Solving)” su Spreaker.
Si stima che, entro il 2025, almeno la metà delle persone inserite nel mondo del lavoro si troverà nella condizione di dover adeguare le proprie competenze per tenere il passo delle trasformazioni a cui sono sottoposti mercato e business per effetto dello sviluppo tecnologico, accelerato a sua volta a causa della pandemia da Covid 19. (“Future of Jobs 2020” del World Economic Forum)
Tra le 10 principali skills ritenute necessarie per affrontare questa delicata sfida è presente anche il problema solving.
Immagino sia successo a tutti di essersi trovati in una situazione tale da pensare o da dire ad alta voce questa frase.
Un problema non è una situazione difficile, un’attività complessa, un rapporto delicato, ma piuttosto un ostacolo che impedisce il raggiungimento della meta prefissata.
Cosa fare, quindi, quando si presenta un problema? È ovviamente necessario pensare come risolverlo…
Quattro sono i momenti essenziali del percorso:
Vediamoli meglio nel dettaglio.
Albert Einstein diceva:
Se avessi un’ora per risolvere un problema da cui dipende la mia stessa vita, userei i primi 55 minuti per definire il problema in modo chiaro.
Questa prima fase è fondamentale, decisiva. Analizzare bene e a fondo la situazione è essenziale per poi giungere alla soluzione efficace. Occorre raccogliere tutte le informazioni possibili e avere chiari il punto di partenza e l’obiettivo finale per arrivare alla vera radice del problema.
A seconda del caso e delle caratteristiche individuali di ciascuno, è possibile seguire percorsi mentali diversi, tra cui:
Analizzare il problema passa attraverso il riconoscimento della situazione per definire il vero problema e analizzarne le cause. Osserviamo più da vicino questi tre diversi stadi:
Con le prime due fasi si è chiarito cosa non ha funzionato e perché. Ora si tratta di cercare soluzioni alternative e verificarne la realizzabilità. In generale un buon metodo può essere l’adozione di una strategia, ovvero cercare di prefigurare diversi scenari possibili analizzando le variabili in gioco e le relative correlazioni per prevedere i possibili effetti finali. Il risultato atteso deve rispondere alle aspettative iniziali.
In questa fase è più che mai necessario fare i conti con le risorse a disposizione (tempo, persone, budget, strumenti, forze…) e i vincoli (norme, luogo, valori, immagine…). Prima di scegliere la soluzione definitiva è opportuno fare anche una stima degli impatti positivi/negativi che ciascuna scelta può generare su altri (altre funzioni, altre attività, altre persone). Non sarà sempre facile identificare la strada da seguire!
Peraltro, ogni scelta implicherà una certa quantità di rischio: decidere quale portare a compimento non vorrà dire individuare un comportamento sicuro, ma prefigurare gli esiti dell’alternativa scelta.
Il metodo è sempre un valido strumento, ma molte altre sono le variabili che entrano in gioco, non ultimi gli aspetti emotivi della persona, spesso ostacoli a loro volta nel processo di problemi solving.
Quanto più si è volti a raggiungere l’obiettivo, tanto più si è pronti ad investire energie, ma è opportuno imparare a saper gestire, ad esempio, l’impazienza di conseguire i risultati. Come si suol dire, la fretta è
spesso cattiva consigliera! La frenesia di aggirare l’ostacolo per arrivare all’obiettivo può essere una trappola insidiosa.
Altro aspetto da tenere in evidenza è il timore di un possibile fallimento, che può portare a muoversi con eccessiva cautela e prudenza, con il rischio di rimanere ancorati a soluzioni eccessivamente tradizionali ancorché non particolarmente efficaci.
Trovare soluzioni ai problemi ha insito anche un margine di incertezza che bisogna saper gestire. Se si lascia spazio ad ansia, preoccupazioni e timori, si può essere spinti verso un approccio prudente e ad una raccolta esageratamente abbondante di informazioni a cui non corrisponde un aumento della determinazione.
Risolvere un problema vuol poi dire produrre un cambiamento nelle abitudini, che può mettere a dura prova la tenuta emotiva delle persone. Bisogna quindi essere in grado di sostenere lo stress legato alla situazione per non banalizzare la difficoltà in maniera difensiva o addirittura arrivare ad abbandonare il compito.